Reggio CalabriaAntonio Pelle, 48 anni capo indiscusso del casato dei Pelle-Vottari di San Luca è riuscito ad evadere l'altro ieri sera dall'ospedale di Locri dove si trovava ricoverato da 5 giorni. Una farsa allitaliana: si era finto malato proprio per scappare. E non era nemmeno piantonato.
La fuga del boss ha aperto un tavolo di polemiche e retroscena da far rabbrividire, perché questa fuga il boss la stava progettando da tempo.
Già da quando era detenuto nel carcere romano di Rebibbia, Antonio Pelle detto «la Mamma» stava pensando a come rendersi uccel di bosco dopo il suo arresto avvenuto il 16 ottobre del 2008 da parte squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo dopo oltre un anno di latitanza. A rivelare, i particolari sconcertanti, del piano è stato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri: «Durante il periodo di detenzione, grazie ad alcune intercettazioni ambientali, eravamo riusciti a capire che Pelle, - ha detto il magistrato - forse con complicità all'interno del carcere, era riuscito a ottenere dei medicinali dimagranti. Di questi farmaci, però - prosegue ancora il pm - aveva fatto uso spropositato tant'é che era stato necessario ricoverarlo all'ospedale romano Pertini in stato di detenzione». Secondo quanto emerso nelle intercettazioni il boss, che era a capo della cosca di San Luca, puntava a farsi vedere stanco e malato: «Sto facendo la cura dimagrante, così se riesco a scendere sotto i 50 chilogrammi, poi mi devono mandare ai domiciliari» questo una delle confidenze che aveva fatto ai parenti in visita nel parlatorio del carcere. Ma non solo: «Sto anche rifiutando il cibo, così scendo di peso, ma non è che dico che sto facendo lo sciopero della fame, a loro non dico nulla». Nell'inchiesta di allora il procuratore aggiunto Nicola Gratteri cerco di individuare anche le complicità che il boss si era creato all'interno del carcere, ma con poca fortuna: «Uno di qua, di questi che mi guardano - racconta il boss intercettato - mi ha dato delle pillole per dimagrire, io ne sto prendendo doppio dosaggio, così scendo subito di peso». Una volta che il suo stato di salute era diventato «precario» -come si legge nei referti- i suoi avvocati difensori fecero domanda di scarcerazione o in subordine di arresti domiciliari. La Corte d'appello di Reggio Calabria, nominò dei periti che arrivarono alla conclusione che «Lo state di salute di Antonio Pelle, non era compatibile con il regime carcerario».
La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, interpellata per un parere diete parere contrario in quanto ha spiegato ancora Nicola Gratteri «la decisione di non mangiare e fare la cura dimagrante era una scelta personale del detenuto e cosi si sarebbe creato un precedente, che poteva portare altri detenuti a rifiutare il cibo diventando anoressici cosi da essere mandati ai domiciliari». Ma la Corte d'appello concesse lo stesso i domiciliari a Pelle. Cinque giorni fa il boss però avrebbe accusato dei dolori addominali, che lo hanno portato al ricovero nellospedale di Locri.
Lultimo stratagemma. Ora la Procura ha aperto uninchiesta, le indagini mirano anche a stabilire se Pelle abbia goduto dell'appoggio e dell'aiuto di qualcuno per allontanarsi dall'ospedale. Basti pensare, che il nosocomio da dove il padrino è evaso, è lo stesso ospedale, dove lavorava Francesco Fortugno, il vice presidente del consiglio regionale della Calabria, ucciso il 16 ottobre del 2005, e dove la commissione antimafia istituita dall'allora super prefetto di Reggio De Sena scoprì connivenze e ingerenze delle cosche. Nella sua relazione scrisse: «Questa è un'azienda sanitaria dove lo Stato non è riuscito a far luce sul numero dei dipendenti e sui posti indicati in organico. Ma soprattutto è una struttura dove è stato accertato che 13 medici, 23 tra tecnici ed infermieri e 29 addetti alle pulizie sono parenti di malavitosi».
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