«L’ho uccisa perché ha scoperto che mi drogavo»

da Brescia

Si è trincerato dietro un muro di silenzio, poi a notte fonda quel muro è crollato di schianto. Davide Sobacchi ha vuotato il sacco con i carabinieri e il magistrato dopo ore di interrogatorio. Una confessione «recitata» tutta di un fiato, come a liberarsi di un peso insopportabile.
È stato lui, il marito, ad ammazzare Agnese Schioppetti, la cameriera di 27 anni di Rodengo Saiano trovata senza vita domenica mattina nel lago d’Iseo, immersa in due metri d’acqua. È andata come i carabinieri avevano intuito da subito, da quando hanno incrociato il ritrovamento del cadavere di una donna con l’allarme per la scomparsa della moglie lanciato dal marito Davide. Non era una coincidenza, ma un disegno unico nel quale però sono subito emerse mille contraddizioni, di fronte alle quali il cuoco di Rho si è alla fine arreso. «Sì, l’ho uccisa io, sono stato io», è solo l’inizio della terribile cronaca di un assassinio maturato in un ambiente familiare avvelenato dalla droga.
Sì, perché il litigio definitivo, quello che ha scatenato l’ira di Davide Sobacchi fino a fargli cingere le mani attorno al collo della moglie, e stringere e cacciarle un pezzo di stoffa in fondo alla gola per non farla urlare o magari solo per accelerare gli effetti mortali della stretta, il litigio è nato per la droga.
Lui in passato era già stato in comunità; ne era uscito di recente e lei non voleva che ricadesse nel tunnel. Ma ieri - ha raccontato Davide alla giovane pm Claudia Moregola - si era «fatto» e la moglie lo ha capito subito, lo ha scoperto. Di lì è nata una discussione furibonda, l’ennesima («sì ho sentito che urlavano» ha confermato una vicina), che dalle parole forti, sempre più forti, è degenerata fino a quella stretta mortale, la stretta di cui i sommozzatori - che hanno ripescato il corpo domenica mattina a quattro metri dalla riva di Marone -, hanno letto per primi i segni inequivocabili della violenza. I segni che subito, insieme a quel pezzo di stoffa in bocca, hanno fatto scartare l’iniziale ipotesi del suicidio, mettendo gli investigatori sulla pista dell’assassinio.
Una pista del resto breve, visto che nel giro di una giornata, quella di domenica, è arrivata all’epilogo della confessione.
È andata così, pare proprio, come Davide Sobacchi ha raccontato agli inquirenti: una tragedia familiare, una tragedia che la droga ha preparato minando i rapporti tra Davide e Agnese e poi concluso nel sangue.
Un omicidio che il 28enne cuoco ha tentato maldestramente, ma in ogni modo, di mascherare. Presentando la versione del litigio e della moglie infuriata che la mattina se ne va di casa lasciando, senza una parola, lui e il piccolo figlio di 14 mesi. La versione che ripeterà alla caserma di Ospitaletto, andando a denunciare la scomparsa, ma che comincia a scricchiolare paurosamente agli occhi dei carabinieri dal momento del ritrovamento di un corpo nel Sebino. Infine la confessione completa: dopo averla strangolata ha caricato il corpo senza vita in auto e l’ha portato fino sulla sponda del lago. Qui si è disfatto del corpo di sua moglie, affidandolo alle acque del lago di Iseo.
Ora che tutto è finito, resta il piccolo di 14 mesi, il figlio della coppia. Da solo, orfano di madre e con il padre reo confesso di omicidio.

Orfano, come lo era la stessa Agnese, che era cresciuta senza l’affetto della mamma, che l’aveva lasciata quando lei aveva appena tre anni. Ora il nonno Vincenzo, il padre di Agnese, chiede che il piccolo venga affidato a lui.

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