«L’idea del gioco mi venne in una libreria di Tokyio»

La passione per il puzzle delle cifre ha coinvolto milioni di giocatori

«L’idea del gioco mi venne in una libreria di Tokyio»

Pier Francesco Borgia

da Roma

Dietro al gioco più popolare del momento c’è un mistero insoluto. È vero che il nome evoca atmosfere orientali. Il sudoku, però, non è stato inventato nella terra del Sol Levante. È lo stesso padre (pardon, patrigno) del celebre rebus numerico, Wayne Gould, a sottolinearlo. «Il numberplace compare per la prima volta in America negli anni Settanta - racconta l’uomo che ha fatto la sua fortuna con i programmi informatici dedicati a questo gioco -. Neppure Will Shortz, autentico guru dell’enigmistica è riuscito ad andare oltre un vago sospetto». Un sospetto che cade su un architetto di Chicago che è morto senza lasciare eredi. Un editore giapponese in viaggio d’affari si innamora, poi, di questo gioco cui non necessitano né nozioni culturali né competenze linguistiche. «La cosa strana - confessa Gould che oggi sarà ospite del primo campionato mondiale di sudoku a Lucca - è che proprio i giapponesi non hanno pensato di sviluppare un programma informatico per produrre questi giochi numerici. Li facevano con calcoli manuali!». E qui veniamo alla seconda tappa. L’incontro fatale tra Wayne, ex giudice del tribunale inglese di Hong Kong, e il sudoku. «Con il passaggio della città alla Cina - racconta il pensionato d’oro - ho avuto la possibilità di ritirarmi. Solo che avevo delle ferie arretrate che rischiavo di perdere e così ho fatto un viaggetto in Giappone».
Era il marzo del ’97. Proviamo a immaginare questo simpatico inglese di appena 51 anni con una radicata passione per l’enigmistica e per i software «fatti in casa» che bighellona spensierato per le vie di Tokio. Mai penseremmo che proprio una libreria possa essere una metà possibile. Eppure... «Chissà cosa mi ha spinto a entrare lì - prova a ricordare Gould -. Ovviamente non so una parola (pardon ideogramma) di giapponese. Per un occidentale entrare in una libreria giapponese è proprio come perdersi in un universo parallelo incomprensibile».
Eppure Gould è riuscito ad uscire con un libro sotto il braccio. «La scelta non è stata difficile - racconta l’ex giudice -. Ho preso il libro che aveva più numeri e meno ideogrammi». Era un libro di sudoku. L’esperto di informatica, con molto tempo a disposizione, si è messo a guardare quei reticolati pieni di caselle vuote e di qualche numero. Il suo divertimento? Ricavarne le regole e poi giocare.
Le virtù matematiche di questo singolare personaggio non terminano qui. «Una volta capito il meccanismo - ricorda Gould - mi sono messo al lavoro per confezionare un programma informatico capace di elaborare questi giochi. Una volta riuscito nell’intento ho portato il sudoku alla redazione londinese del Times». Ottenuto il placet dal celebre quotidiano, Gould ha messo su una vera e propria attività di divulgazione di questo puzzle numerico. Ora sono 400 i quotidiani, sparsi in 58 paesi, che pubblicano il sudoku. «Li mando gratis - precisa Gould -. Le royalties le prendo soltanto dal mio gioco per computer.

L’anno scorso ho guadagnato così un milione di dollari. Non male per un giudice in pensione!».
«Una volta in pensione mi sono posto due obiettivi - conclude il patrigno del sudoku -: fare soldi e diffondere il sudoku. Oggi posso dire di aver centrato entrambi».

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