«L’imam di viale Jenner finanziava la guerriglia»

(...) L’unica concessione del pm all’imam è il riconoscimento che negli ultimi anni il ruolo di Abu Imad è cambiato, i suoi contatti con la guerriglia si sono sciolti. Per questo, e solo per questo, la Procura non chiede che al termine della pena l’imam sia espulso dal territorio italiano. Anche se verrà condannato, quando uscirà dal carcere Abu Imad potrà riprendere il suo posto in viale Jenner. Abu Imad non sarà uno stinco di santo, sembra pensare la Procura, ma di questi tempi è meglio per tutti che la comunità islamica milanese sia guidata da lui piuttosto che da un esagitato non controllabile.
Pene pesanti vengono chieste da Ramondini anche per gli altri dieci imputati, accusati di avere costruito e guidato una cellula terrorista all’interno della moschea. In totale, le richieste dell’accusa superano i 113 anni di carcere. Il conto più pesante viene presentato dalla Procura al tunisino Ben Rachid Ben Yahia Mouldi, accusato di essersi trasformato in nome della jihad in narcotrafficante per finanziare i «fratelli» impegnati in Irak e Afghanistan.

Per l’accusa di traffico di droga aggravato dalla finalità di terrorismo, il tunisino viene candidato ad una pena di sedici anni di reclusione. Dalla settimana prossima la parola passa alle difese, la sentenza è prevista prima della fine del mese prossimo. Non sarà un Natale tranquillo, nel mondo dell’Islam milanese.

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