L’imbarazzo degli alleati: crisi di nervi

L’Ulivo: «Vada più in bici, così si sfoga». Tensione con Fassino

Laura Cesaretti

da Roma

C’è chi, da Rifondazione, la definisce una «crisi di nervi», e chi dall’Ulivo suggerisce: «Forse Prodi dovrebbe andare di più in bicicletta, così si scarica».
Di certo nell’Unione la sortita prodiana sull’«impazzimento del paese» non è piaciuta, anche se qualcuno (pochi) tentano di metterci una pezza, parlando di «sfoghi d’amore», come fa il titolare delle Attività produttive Bersani buttandola sull’hard core, o di un «richiamo al dovere di coesione» come fa il Dl Soro. Un altro ministro ds, Mussi, dà una giustificazione psicologica, parla di «sfogo» e di «difficoltà» e dice che il premier «sente il peso di decisioni difficili». Mentre il sottosegretario verde Cento non crede che si tratti di un cedimento nervoso: «Lo ha fatto apposta, voleva mandare un segnale ai partiti della maggioranza per avvertirli che stanno tirando troppo la corda». La maggioranza, ammette il ministro rutelliano Gentiloni, «soffre un po’ per tenere la bussola sul risanamento dei conti».
Il problema però, fa notare un altro ministro, è che «se ci mettiamo a dire che è il paese che è impazzito, finendo ovviamente in prima pagina, l’opposizione ci va a nozze e la nostra popolarità cala ulteriormente». Un nuovo pasticcio «comunicativo», dunque, e «ciascuno può giudicare se gioverà all’esecutivo e alla sua capacità di farsi comprendere dai cittadini», fa notare il radicale Capezzone.
Il nervosismo di Prodi ha molte cause: l’assalto alla diligenza dei partiti sulla Finanziaria, le resistenze dei ministri contro i tagli, i giornali che continuano a criticare la manovra e ad alimentare lo scontro tra «riformisti» e «radicali» dell’Unione. La dissociazione di Ferrero al Consiglio dei ministri di venerdì ha irritato non poco Prodi, che si è sfogato al telefono con lo stato maggiore di Rifondazione: «Così mi mettete in difficoltà». E ha chiesto un rapido ridimensionamento dello strappo, cosa che Giordano, Bertinotti e lo stesso Ferrero si sono affrettati a fare con una raffica di dichiarazioni e interviste rassicuranti. Ma questo non basta a far calare la tensione tra le diverse ali dell’Unione. A soffrire di più sono i ds, stretti nella tenaglia tra Rutelli, che li sfida accelerando sulla «fase due» delle riforme, e il Prc che continua ad alzare la posta facendo capire che sulle pensioni e sulle altre riforme non molleranno, e che finora ha sempre trovato sponda nel premier. Bersani non cela la sua esasperazione contro il «teatrino delle competizioni», e ce l’ha sia con Rifondazione che con Rutelli e la sua «agenda delle liberalizzazioni» che, spiegano nella Quercia, «era tutta farina del sacco di Bersani».

Fassino ce l’ha con Prodi che «non ha speso una parola» per difendere il suo ministro Damiano attaccato come «amico dei padroni» dalla manifestazione dei precari che secondo il premier non era «contro il governo». Per ora «teniamo botta», avvertono dalla Quercia, «ma se si va avanti così, la corda si spezza».

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