Severi con gli avversari, indulgenti con se stessi. Al primo appuntamento utile, i deputati di Futuro e libertà si sono immediatamente allineati al costume imperante nel centrosinistra quando si tratta di affrontare le faccende giudiziarie in Parlamento. Nel bene e nel male, il Pdl rimane garantista e affronta con molta prudenza le richieste di arrestare qualche parlamentare o di autorizzare l'utilizzo delle intercettazioni. A sinistra invece sono giustizialisti con Silvio Berlusconi e i suoi uomini, ma garantisti con se stessi. Non è una novità.
Per loro, la parola immunità è tabù a Roma ma non a Strasburgo, dove quell'espressione riprende la forma di scudo protettivo a prova di emergenze giudiziarie. Ne hanno approfittato gli europarlamentari Massimo D'Alema, Antonio Di Pietro e Claudio Fava. D'Alema sparò a zero quando la Consulta decretò l'incostituzionalità del lodo Alfano, che sospendeva i processi a carico dei vertici istituzionali: «Si lede il principio di uguaglianza fra i cittadini, la sentenza ripara a un vulnus». Sorvolate le Alpi, invece, la sinistra non disdegna più l'immunizzazione contro le aule di giustizia.
Quando l'assemblea di Strasburgo nel 2005 varò la nuova disciplina (403 favorevoli, 89 contrari, 92 astenuti), tra i favorevoli c'erano Santoro, Gianni Pittella, braccio destro di Pierluigi Bersani, il dalemiano Mauro Zani, Giovanni Berlinguer, Marta Vincenzi, Claudio Fava. Un precedente scrutinio del 2003 ebbe il voto favorevole anche del futuro presidente Giorgio Napolitano, che guidava la commissione competente. Nessuno sanguinò per il «vulnus». E nessuno gridò allo scandalo quando D'Alema invocò l'immunità contro la richiesta del gip Clementina Forleo di utilizzare le telefonate intercettate con Giovanni Consorte nell'inchiesta sui furbetti del quartierino. E neppure quando chiese una protezione analoga Antonio Di Pietro, querelato dal giudice Filippo Verde: Tonino ammise di aver scritto una castroneria a proposito del magistrato (colpa di uno sbadato copia-incolla), e contemporaneamente chiese ai colleghi europarlamentari di perdonargli l'onta e risparmiargli il risarcimento. Lo accontentarono. Anche il siciliano Claudio Fava, acerrimo nemico del «dolo» Alfano, ha evitato due denunce per diffamazione grazie all'euroimmunità.
Ma anche nel Parlamento nazionale la sinistra ha sempre fatto prevalere la prudenza verso i propri rappresentanti. Prima della riforma dell'autorizzazione a procedere nel 1993, i comunisti erano in testa sia al numero di richieste avanzate dai giudici (552 su 1689 complessive) sia alla percentuale di salvataggi (432, il 78 per cento): i democristiani furono trattati assai peggio, scamparono solo 174 volte su 313 richieste di autorizzazione (56 per cento). Negli anni più recenti, i due parlamentari Ds per cui un gip ha chiesto l'arresto (Antonio Luongo e Salvatore Margiotta, entrambi finiti in inchieste del pm Henry John Woodcock) hanno garantisticamente evitato il carcere.
Pochi mesi fa, nel silenzio di gran parte della stampa e della politica, la Camera ha respinto una richiesta di utilizzare le intercettazioni dell'ex ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio indagato a Potenza per una serie di scandali (favori, speculazioni, regali, viaggi). Ai tempi delle indagini Unipol, la giunta per le autorizzazioni si dichiarò incompetente riguardo alla posizione di D'Alema. Il garantismo «pro domo propria» della sinistra ha raggiunto uno dei vertici alla vigilia delle elezioni politiche del 2006, quando i Ds non ricandidarono il deputato Giovanni Kessler, ex magistrato trentino, unico membro della giunta per le autorizzazioni che aveva votato per l'uso delle intercettazioni a carico del compagno di partito Vincenzo De Luca, indagato per truffa e falso. Il quale invece evitò ulteriori guai giudiziari e riguadagnò pure il posto in lista.
Ora, trionfalmente, anche i parlamentari di Futuro e libertà entrano nel novero dei furbetti dell'immunità. Tra le loro file c'è un deputato, il pugliese Carmine Patarino, condannato dal gup a tre anni di reclusione (ridotti a un anno e quattro mesi) per diffamazione e calunnia che l'anno scorso ha chiesto e ottenuto l'insindacabilità.
Lo stesso Italo Bocchino, indagato nell'inchiesta sugli appalti di Napoli per associazione per delinquere e concorso in turbativa d'asta, ha qualche grattacapo: i magistrati hanno chiesto di poter utilizzare una serie di intercettazioni telefoniche tra lui e il principale indagato Alfredo Romeo, ma il capo dei deputati finiani ha presentato ricorso alla Corte costituzionale (se ne attende il pronunciamento), ottenendo solidarietà da tutto il Pdl. È per caso lo stesso Bocchino che chiese le dimissioni di Cosentino e ieri gli ha votato contro?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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