Quando le cose vanno male gli esperti spuntano come funghi. L’ultimo prataiolo emerso a dire la sua ha la targa di Confindustria, con i suoi «cinque punti» per sconfiggere la crisi, fra cui svettano richieste di patrimoniale e di limitazione dell’uso del contante. Fatta salva la logica idea di compensare gli aumenti Iva con riduzioni Irpef, rispetto alle sette proposte di Bersani il vantaggio più evidente dei «punti» degli industriali è che sono due di meno ma, anche in questo caso, siamo molto lontani dalla realtà dei problemi.
Il limite a 500 euro per i pagamenti in contanti è un buon esempio dell’inconsistenza propositiva di Confindustria. Sarebbe come pensare di sconfiggere il narcotraffico diminuendo le dosi di droga detenibili per «uso personale». Se uno commercia in nero non sarà certo il timore di un secondo divieto a fermarlo, anzi, in parallelo con gli aumenti Iva si rischia di rendere ancora più attraente il ricorso all’evasione totale. Si abbia piuttosto il coraggio di proporre in coordinamento con gli altri stati europei l’abolizione totale del contante, i tempi forse sono maturi e noi ne beneficeremmo più degli altri. L’Europa è un malato che sta avendo un infarto e, invece di chiedere a gran voce di prendere un defibrillatore, ci tocca ascoltare personaggi che spiegano che tutto sommato il malato se l’è un po’ cercata, sarebbe meglio che si riguardasse di più e che a Natale forse sarà il caso di non esagerare con il panettone. Scoraggiante.
Difficile dare credito a chi non ha ancora mostrato di capire con chiarezza la natura profonda della crisi che, va ripetuto ancora una volta, non dipende certo da sorprese o da menzogne nei conti pubblici italiani. In caso di dubbio conviene citare le parole del responsabile europeo del Fondo monetario internazionale nella conferenza stampa di due giorni fa quando ha affermato che «se si guardano i conti italiani e si esclude il costo degli interessi sul debito, essi sono in una posizione persino migliore rispetto alla Germania, la qual cosa è notevole». Si tratta quindi di concentrare tutti gli sforzi nel ristabilire la fiducia degli investitori nel debito pubblico. A tal scopo anche solo nominare la patrimoniale è un’eresia: se si fa credere alla gente che l’alternativa è il default o la patrimoniale, nessuno sano di mente sottoscriverebbe dei Btp sapendo che rischiano o di non essere restituiti o sequestrati in parte per via fiscale. I «ricchi» (magari gli stessi che ispirano queste belle proposte) si terranno stretto il loro conto in Svizzera o piuttosto metteranno il proprio denaro in oro, diamanti o altri beni «invisibili», peggiorando la situazione.
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