L'articolo della domenica

L’incapacità di cambiare che ci porta alla catastrofe

Oggi l’Europa sta vivendo lo stesso clima che ha preceduto la prima Guerra mondiale

L’ attuale situazione europea mi ri­corda moltissimo quella che ha preceduto la prima Guerra mondiale. Nessuno aveva pensato alle conseguen­ze di un conflitto condotto con i mezzi bellici che nel frattempo erano stati svi­luppati. Un esempio fra tutti la mitraglia­trice che poteva ucc­idere da sola un inte­ro esercito ottocentesco e infatti ha pro­dotto milioni di morti e obbligato tutti ad anni di guerra di trincea.

Se si fossero sforzati di capire che tipo di guerra stavano per scatenare e che conseguenze ne sarebbero derivate lo zar Nicola, il Kaiser Guglielmo, l'impera­tore Francesco Giuseppe ma anche i francesi e gli inglesi avrebbero conside­rato risolvibili i problemi che li spingeva­no ad azzannarsi. Lo zar le richieste de­gli operai e dei contadini, il Kaiser il pro­blema di nuove colonie, l'imperatore le domande di indipendenza dei popoli balcanici, i francesi la questione dell'Al­sazia Lorena, gli inglesi il timore di per­dere qualche pezzo di impero.

Avrebbe­ro cercato accordi, rifatto i trattati, imma­ginato soluzioni di compromesso. Inve­ce ciascuno è rimasto ossessionato dai suoi crucci, non ha considerato possibi­le nessun cambiamento, nessuna rinun­cia, nessun serio negoziato. È quello che si sta ripetendo adesso sul piano economico. Nel dopoguerra i Paesi europei hanno messo in piedi una Comunità senza alcun potere politico reale. C'e un parlamento che non rap­presenta nessuno, una burocrazia che complica la vita, una moneta che nessu­no governa. E, quando l'economia reale europea ha incominciato a soffrire per la concorrenza dei Paesi emergenti, la Comunità non ha fatto nulla e i singoli Stati hanno continuato nel vecchio me­todo keynesiano di sostenere lo svilup­po indebitandosi. Così hanno reso pos­sibile la­ devastante speculazione sui tito­li pubblici e sull'euro. Agli uomini politici europei non è nemmeno passato per la mente che avrebbero dovuto prepararsi a un cam­biamento radicale nei loro Paesi, inven­tare nuove i­stituzioni comunitarie e cre­are un potere centrale capace di control­lare la moneta e di difendere l'economia della Comunità.

In ciascun Stato i politi­ci sono rimasti assorbiti dai loro odi e dal­le loro liti da cortile come se tutto fosse come prima, e stanno scivolando esatta­mente come ne­l 1914 verso una catastro­fe che si rifiutano anche di immaginare.

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