L’inchiesta spariglia le alleanze e spacca la Procura

nostro inviato a Bari

Il treno politico-giudiziario che doveva investire Silvio Berlusconi e che invece sta per travolgere la giunta Vendola e il Pd, rischia il «deragliamento istituzionale». Per una serie di motivi (alcuni prevedibili, altri imponderabili, altri ancora – come la scossa prevista da D’Alema – meri errori di tattica) che hanno portato all’avvio di guerre intestine, ferocissime, sia nel centrosinistra pugliese che all’interno della magistratura barese.
Convergenze parallele
Partiamo dalla politica. E dalla svolta vincente del Pd pugliese che grazie all’alleanza con l’Udc ai ballottaggi s’è portato a casa il Comune di Bari, quello di Foggia, addirittura la Provincia di Brindisi, la cui coalizione era guidata da un ex di Forza Italia e di Confindustria, ferocemente contrastato dalla sinistra più radicale riconducibile al governatore Nichi Vendola. L’operazione politica avviata con successo dal Pd vede, in prospettiva, l’allargamento delle alleanze addirittura alla formazione «Io Sud» dell’ex sindaco di Lecce, l’ex aennina Adriana Poli Bortone. Con l’esclusione eccellente, alla lunga, del gruppo di potere che fa capo a Vendola. Proprio per non restare imbrigliato in quest’operazione a tradimento tutt’interna alla sinistra pugliese, il governatore ha agito d’anticipo sparigliando i giochi e mettendosi lui a dare le carte: giusto tre giorni fa, approfittando dell’offensiva di una parte minoritaria della magistratura contro la sua giunta, ergendosi a paladino della moralità pubblica, ha mandato a casa tutti gli assessori ed ha aperto lui all’Udc a cui ha offerto (in tandem con l’Idv) incarichi e poltrone nella nuova giunta. Purtroppo per Nichi, il partito di Casini e quello di Di Pietro hanno risposto picche alle avances, mentre la possibilità di piazzare addirittura la Poli Bortone come vicepresidente al posto del dimissionato dalemiano Frisullo (tirato in ballo nell’inchiesta sulle escort di Tarantini) è tramontata sul nascere. Risultato: Vendola oggi è solo, senza giunta, fra tre giorni sfilerà in Procura come persona informata su fatti (gravi) che riguardano la sua amministrazione, i suoi assessori, i manager delle sue Asl, gli appalti contestati elargiti coi soldi della sua Regione.
Il preveggente governatore
Come sempre più spesso gli accade, quando riesce a sentire puzza di bruciato, il poco garantista Nichi taglia la testa al toro. Ha «costretto» alle dimissioni l’assessore alla Sanità Alberto Tedesco, che non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia ma il cui nome era comparso in un’agenzia di stampa che lo dava per indagato. L’ha sostituito con un suo fedelissimo, Tommaso Fiore, per quattro anni vera e propria ombra del «cattivissimo» Tedesco. Ha licenziato la manager della Asl di Bari, Lea Cosentino, vicinissima al Pd, pupilla del deputato Gero Grassi, originario di Terlizzi, come il governatore. La Cosentino, indagata e intercettata, era in prima fila al congresso di Rifondazione comunista a Chianciano per sostenere il governatore nella corsa contro Ferrero. Vendola è stato costretto a mandare a casa la giunta per togliersi dai piedi il vicepresidente Frisullo (che non è nemmeno indagato), anche lui finito sui giornali per i rapporti con Tarantini. Ha sempre giocato d’anticipo, Nichi. E i fatti gli hanno dato ragione. Semplice intuito o cos’altro? L’interrogativo viene spontaneo a seguito della sproporzionata reazione del governatore (l’azzeramento della giunta) rispetto a quanto è di dominio pubblico sull’inchiesta. Più volte a Vendola è stata contestata la conoscenza, in anticipo, di determinati procedimenti. Il 24 febbraio del 2005 predisse a Raffaele Fitto, in diretta tv, che sarebbe finito presto in tribunale. Cosa che non solo puntualmente avvenne, ma un anno e mezzo dopo Fitto scoprì che il giorno precedente a quell’esternazione choc la Procura lo aveva iniziato a intercettare a pochissimi giorni dalla sua, riservatissima, iscrizione sul registro degli indagati.
Fratelli coltelli in Procura
Nel frattempo, a palazzo di giustizia, i rapporti fra colleghi e inquirenti si fanno tesi. L’inchiesta sugli uomini del Pd nella sanità fa tremare la città, ma è costellata da misteriose fughe di notizie e dall’apertura di inchieste fotocopia con i medesimi personaggi indagati. Perquisizioni e intercettazioni fanno presagire il peggio allorché, provvidenzialmente, sui giornali di mezzo mondo finisce ben altra inchiesta che fa dimenticare quella sul Pd: feste e escort a Palazzo Grazioli. La sensazione che in Procura si stia giocando la partita finale si ha il 26 giugno quando il procuratore aggiunto Di Napoli annuncia la creazione di un pool composto dai magistrati delle quattro inchieste aperte sulla sanità.

La decisione fa storcere il naso al pm Digeronimo e soprattutto al procuratore capo Marzano, che non avalla quel pool, conferma la fiducia alla Digeronimo, e soprattutto corre a smentire l’ipotesi di una possibile audizione del premier nell’inchiesta su Tarantini, ipotesi annunciata dal suo vice Di Napoli. In Procura gli equilibri fin lì precari si rompono definitivamente. L’indomani Nichi Vendola annuncia l’azzeramento della giunta. Trovare un nesso, nel Barigate, non è mai facile.

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