L’incontro tra il Papa e Oriana Fallaci, un «segno del tempo»

L’incontro tra il Papa e Oriana Fallaci, un «segno del tempo»

Gianni Baget Bozzo

Benedetto XVI non finirà mai di stupirci. E ci viene da richiamare al riguardo un Papa da lui molto diverso, ma che aveva la capacità di cogliere i segni dei tempi: Giovanni XXIII. Un Papa di transizione diviene così un Papa di rinnovamento in ambedue i casi. Se Papa Roncalli riconobbe i mutamenti culturali che erano avvenuti in Europa e nel mondo con la seconda guerra mondiale e aprivano nuovi problemi, nuovi spazi, nuove possibilità alla Chiesa, i «segni dei tempi» di allora, Benedetto XVI ha inteso i nuovi «segni dei tempi», che sono assai diversi, e in un certo modo persino opposti, a quelli indovinati da Papa Roncalli. Negli anni '60 si trattava di dare un linguaggio al rapporto tra Chiesa e mondo, di accogliere in qualche modo nella Chiesa il senso del mondo di allora. Oggi si tratta di dare al mondo il senso della Chiesa, della sua capacità di dare messaggi a un mondo che cerca non un generico progresso, ma la sua profonda identità.
Non c'è così da meravigliarsi che Papa Ratzinger riceva i marginali del nostro tempo, come il superiore della comunità San Pio X e Oriana Fallaci. In ambedue i casi, il Papa si trova di fronte a posizioni divergenti dal linguaggio della Chiesa di Roma. La comunità di Econe non ha riconosciuto il Vaticano II e ha ordinato vescovi fuori della comunione romana. Il Papa non può certamente accettare il linguaggio di Oriana Fallaci che designa l'Islam come un nemico e assume il linguaggio dello scontro di civiltà. Ma tuttavia essi hanno in comune, in forma diversa, il tema della identità della cristianità, della Chiesa come forma di un ordine culturale e morale che identifichi il suo profilo storico e le permetta di contribuire alla unità del mondo omogeneamente al proprio messaggio.
Molte volte il cardinale Ratzinger ha insistito sulla continuità della liturgia cattolica, l'ha vista come un processo unitario che si svolge omogeneamente a se stesso in modo analogo alla comprensione dogmatica e teologica che la Chiesa ha della Rivelazione. Come il dogma, la liturgia è continuità. E perciò l'antica liturgia della Chiesa è ancora legittima e vivente, nonostante la riforma, attuata in modo di rottura da Paolo VI. È quindi possibile al Papa riconoscere un senso a una comunità istituzionalmente legata alla conservazione della liturgia ininterrotta e che abbia questo compito nella Chiesa con l'autonomia che le è necessaria. In questa chiave la comunità di Econe può divenire una Chiesa particolare. E proprio questo fatto mostrerà ai tradizionalisti nell'azione di Benedetto XVI, la continuità della Chiesa del Vaticano II con il grande fiume della tradizione cattolica. Con il tempo si potrà giungere, come dice il comunicato della Santa sede, a una vera unità con il piccolo scisma di Econe, riconoscendogli nella sua particolarità un valore comune oltre la frattura istituzionale.
In Oriana Fallaci il Papa ha visto una donna che ama la libertà e l'Occidente. Egli ha rimproverato all'Occidente di non amare se stesso e Oriana è una appassionata dell'Occidente e ha colto bene che la sua radice è il cristianesimo. Oriana si definisce «atea credente», riconosce cioè che la cristianità non è solo una dimensione spirituale ma una realtà storica e temporale e che l'Occidente non è altro che una sua continuazione. Le differenze con il mondo islamico sono differenze di religione e non si comprendono se non si risale alle radici spirituali della storia cristiana. Essa è proprio l'esempio consigliato dal Papa attuale ai non credenti in Dio: di comportarsi come se Dio esistesse.

Oriana Fallaci è l'esempio di come si può seguire questo consiglio. Ascoltando Benedetto XVI, comprendiamo quelli che il cardinale Ruini ha chiamato giustamente i «nuovi segni dei tempi».
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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