Roma - Ora Monti confida in Angela perché solo Frau Merkel può salvarlo dal baratro. Un baratro chiamato spread, il differenziale tra il tasso di rendimento dei nostri titoli di Stato e quello degli affidabili e sicuri titoli tedeschi. È la febbre che, non solo non scende come predicava il plotone degli antiberlusconiani, ma continua pericolosamente a salire. 370 punti base in agosto, 350 in ottobre (e si gridò allo scandalo), 519 il 16 novembre quando il Cavaliere scese da cavallo per «amor di patria». «Con Monti in sella la febbre passerà», giurarono all’unisono i TTB, i «tutti tranne Berlusconi». Manovra lacrime e sangue, tasse su tasse; segati pensioni, stipendi, risparmi e quindi consumi. Gli «impressionanti» compiti a casa sono la medicina amara ma necessaria per far passare il febbrone dello spread, si disse. Invece no. Alla vigilia di Natale lo spread resta a 500 punti, il 30 dicembre schizza a 528, il 5 gennaio a 523 e, quarantotto ore fa, sfonda quota 529. Tradotto: il male non arretra nonostante il farmaco ciuccia soldi imposto dal professor Monti. E la cura, oltre che amara, ha il sapore dell’inutilità. Sì perché quegli ultimi 45 miliardi che il torchio targato Bocconi ha appena strizzato al Paese serviranno a ripagare gli interessi di chi ci presta soldi per tenere in piedi il mammuth Italia e probabilmente non è finita qui. Ecco l’incubo del premier, sebbene a fine anno ne escludeva la possibilità: «Nessuno pensi che occorra un’altra manovra», giurò. Invece se la tempesta non passa, e non sembra passare, serviranno altri sforzi, altri sacrifici, altri soldi. Di male in peggio perché se l’impostazione del premier resta «raggranellare quattrini attraverso più tasse», la nostra economia - già asfittica - rischia il collasso. Un po’ di numeri. Da gennaio a dicembre 2012 ci sono la bellezza di 360 miliardi di euro da rifinanziare, tra obbligazioni a media e lunga scadenza e Bot annuali. I mesi bollenti saranno febbraio, marzo e aprile, rispettivamente con 64, 52 e 47 miliardi di euro, più interessi, da rimborsare ai sottoscrittori. E a che prezzo riusciremo a piazzarli? L’incubo sta tutto qui. Monti lo sa, come sa che bisogna fare presto e che la soluzione si trova solo e soltanto a Berlino.
Ecco perché il premier, da qui a fine mese, avrà la testa rivolta principalmente fuori dai confini nazionali. C’è da piegare il ferro della Merkel, imbullonata ai suoi «nein» ad attivare gli unici salvagente contro la speculazione finanziaria: ruolo della Bce ed Eurobond. Il Fondo salva stati sembra essere una cerbottana mentre gli speculatori abbasserebbero la cresta soltanto davanti a un bazooka. Devono sapere che in ogni caso tutti i titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona verranno comprati e solo la Bce potrebbe avere questo potere. Ma per Berlino l’ipotesi continua ad essere un possibile alibi per i Paesi viziosi a rimanere tali. Quindi «no». Altro strumento fondamentale sono gli eurobond, nelle tante varianti tuttora allo studio della commissione di Bruxelles. Una di queste sono i project bond, titoli di debito europei emessi per finanziare grandi opere in grado di aiutare a far ripartire l’economia. Anche in questo caso la Merkel si mette di traverso seguendo la regola teutonica che «i bond appiattiscono le diversità tra gli Stati, premiando chi non va premiato». Insomma, la virtuosa Germania resta allergica all’idea di creare qualsiasi forma di debito condivisa da tutti e la Merkel, che si ricandiderà alle elezioni del 2013, ha bisogno di cavalcare l’egoismo teutonico.
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