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L’India volta pagina. Anche le prostitute ora hanno una banca

Cassa cooperativa a Calcutta per 10mila «lucciole», finora rese schiave dall’antico divieto fatto alle donne di possedere denaro. Impronte digitali per accedere ai conti

L’India volta pagina. Anche le prostitute  ora hanno una banca

New Delhi - Chi l’avrebbe mai detto che le prostitute di Sonagachi, il più grande bordello dell’Asia, potessero un giorno avere un conto in banca. Anche questo è un segno dell’India che sta cambiando in fretta, forse troppo, grazie ai benefici della globalizzazione economica. Il quartiere a luci rosse di Calcutta, storico luogo di perdizione per ricchi mercanti bengalesi e funzionari del Raj britannico, è diventato oggi un laboratorio d’avanguardia per le campagne di prevenzione contro l’Aids e per la tutela dei diritti delle prostitute.
Secondo stime vi lavorano e abitano diecimila lucciole in un reticolo di viuzze che è diventato una città parallela alla «Città della Gioia», il quartiere dei diseredati descritto da Dominique Lapierre. Come non ci sono più le suore di Madre Teresa che con un carrettino andavano a raccogliere i lebbrosi, così anche a Sonagachi la miseria è più sopportabile grazie all’azione di centinaia di organizzazioni non governative che hanno aperto scuole, ospedali e ora anche banche.
Molto prima che il comitato norvegese del Nobel per la Pace scoprisse quest’anno Muhammad Yunus e il suo microcredito, alcune sex workers di Calcutta avevano iniziato a prestare piccole somme a colleghe. E soprattutto a tenere in deposito i risparmi che altrimenti finivano nelle mani dei magnaccia o degli avidi padroni di casa. In una società come quella indiana dove esiste ancora la figura del padre padrone, la donna non possiede denaro. Per le prostitute, che in passato erano celebrate come le devadasi, le danzatrici del tempio, ma che oggi sono agli ultimi gradini della gerarchia castale, è ancora più difficile.
A creare la «Grameen Bank per lucciole» è stata nel 1995 Rekha Chatterjie, ex prostituta, che insieme ad altre tredici ha fondato la Usha Multipurpose Cooperative Society. Una sorta di cassa cooperativa dove le donne potevano depositare il denaro e anche accedere a microprestiti a interessi agevolati. Spesso la raccolta avveniva a domicilio, un particolare determinante per conquistare la fiducia delle clienti. L’aiuto è arrivato da una delle più famose ong di Sonagachi, la Durbar Mahila Samiti, che si occupa tra l’altro anche dell’istruzione dei figli delle prostitute (sono circa settemila e a loro è stato dedicato un documentario, «Born into Brothels», che ha vinto un Oscar nel 2005).
Oggi i soci della Usha (che significa «alba») sono oltre ottomila ed è stata aperta un’altra filiale a Kalighat (il quartiere dei poveri dove lavorava Madre Teresa). Altre sette agenzie sono in attesa di ottenere l’autorizzazione del governo locale, mentre esiste un piano di espansione negli altri bordelli dello Stato del Bengala Occidentale, noto per essere insieme al Kerala uno dei due Stati «rossi», roccaforte dei comunisti indiani.
La storia di Rekha che ora, dopo 11 anni, da prostituta è diventata «banchiere», è salita alla ribalta delle cronache soprattutto dopo il Nobel conferito all’economista bangladese Yunus. «La banca rappresenta un esempio per la società che ci ha sbattuto la porta in faccia quando noi prostitute volevamo aprire una banca - ha detto in un’intervista Dola Singh -. Oggi abbiamo dimostrato che esercitando la nostra professione siamo in grado di risparmiare senza il bisogno di nessun estraneo che ci impone le sue condizioni». Molte prostitute riescono a mandare i figli a scuola, ad accedere a mutui per la casa e perfino ad iniziare un’altra professione riuscendo a spezzare per la prima volta la spirale di povertà che da generazioni le costringe a stare nel quartiere a luci rosse. Ma l’analfabetismo è ancora una piaga, così per poter accedere ai conti tantissime hanno “depositato” le loro impronte digitali.
È una conquista economica, ma anche un passo in avanti per l’autostima e la presa di coscienza delle lucciole indiane. La lotta all’Aids è un altro caso di autoemancipazione. L’India ha oggi 5,7 milioni di sieropositivi e la stragrande maggioranza delle infezioni avviene per via eterosessuale.

Un paio di anni fa un’altra ong di Sonagachi, con l’aiuto delle autorità comunali, aveva organizzato corsi di Kamasutra, il famoso trattato indiano sull’arte erotica, per addestrare le prostitute a soddisfare i clienti senza rischi di contagio.

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