Tutela ai ministri sul caso Almasri. Sinistra impallinata dai franchi tiratori

Negata l'autorizzazione a procedere per Nordio, Piantedosi e Mantovano

Tutela ai ministri sul caso Almasri. Sinistra impallinata dai franchi tiratori
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La Camera nega l'autorizzazione a procedere per i ministri Nordio e Piantedosi e per il sottosegretario Mantovano sul caso Almasri, il generale libico su cui pendeva un mandato d'arresto della Cpi, arrestato in Italia e subito rimpatriato su un volo dei servizi segreti. Con tre distinte votazioni, i numeri dell'Aula rivelano, secondo Fdi, una quindicina di "franchi tiratori" che dall'opposizione avrebbero votato in segreto con la maggioranza. Caso chiuso? Non del tutto per il governo, visto che Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del Guardasigilli, è indagata dalla Procura di Roma per false dichiarazioni nella stessa vicenda Almasri. La dirigente è priva dello scudo garantito ai ministri e rischia di finire alla sbarra. Una grana per Palazzo Chigi che vede nell'inchiesta l'ennesima mossa ostile delle toghe.

A Montecitorio arriva per partecipare al voto - la presenza tassativa era stata chiesta a tutta la maggioranza - anche la premier Giorgia Meloni, che ha sempre rivendicato il coordinamento con i suoi ministri e motivato il rimpatrio del generale con la tutela della sicurezza degli italiani in Libia, potenziali vittime di ritorsioni. La discussione registra gli attacchi della minoranza che accusa l'esecutivo di aver "mentito" e di essere stato "sotto ricatto". "Non devono avvalersi dell'immunità per un caso così grave", attacca il dem Federico Gianassi.

Alla fine però i magistrati che volevano portare i ministri a processo incassano tre no. Meloni rassicura con una pacca sulla spalla Nordio, che risponde con un baciamano. Si contano i voti contrari all'autorizzazione a procedere: 251 per il Guardasigilli e per Mantovano, e cinque in più per Piantedosi, 256. Evidentemente provenienti dall'opposizione visto che la maggioranza ha 242 deputati. Italia Viva aveva dichiarato di voler salvare solo il titolare del Viminale, distinguendo la sua posizione dalle altre due. "La Camera ha condiviso il lavoro fatto nell'interesse degli italiani", commenta a fine giornata Piantedosi. "Una sonora smentita a chi continua a parlare del centrodestra come di una coalizione divisa", aggiunge il ministro Luca Ciriani. All'uscita dall'Aula, Nordio è durissimo con i magistrati che lo hanno indagato: "Da modesto giurista lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici penali dalle mani, ammesso che li abbiano consultati". E "l'aver voluto giurisdizionalizzare questa vicenda ha ridotto le nostre capacità difensive in Parlamento - continua - perché eravamo vincolati dal segreto istruttorio". Risponde così anche alle accuse di aver mentito all'Aula. Le "anomalie" sono state tante, eppure, precisa, "anche nell'opposizione vi è una riluttanza ad affidare alle procure delle competenze che dovrebbero essere squisitamente politiche".

Quanto al suo capo di gabinetto, Nordio auspica "che il capitolo su Bartolozzi si chiuda così come questo". L'obiettivo del centrodestra è infatti estendere alla dirigente lo scudo del Parlamento, dimostrando che il reato contestatole dai pm romani sia connesso a quelli dei ministri, e che pertanto anche per lei si debba chiedere l'autorizzazione a procedere, sebbene non sia titolare di cariche politiche.

Per questo ieri il relatore di maggioranza, l'azzurro Pittalis, ha parlato in Aula di "connessione teleologica" tra i reati e della possibilità che Bartolozzi rivesta la posizione di "coindagato laico". Non è di questa idea la Procura di Roma, che ha già fatto sapere di ritenere che non vi sia alcuna connessione. Per questo si lavora affinché la Camera sollevi un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta.

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