Caro direttore Feltri,
sono sconvolta. Vivo non lontanissima da Pellaro, la frazione di Reggio Calabria in cui è accaduto l'ennesimo orrore che sembra uscito da un romanzo di Dostoevskij. Una giovane madre, insieme al compagno, è stata arrestata con l'accusa di aver ucciso due gemelli appena partoriti, trovati senza vita dentro un armadio. I genitori dell'uomo, che vivevano nella stessa casa, hanno scoperto i corpicini e dato l'allarme. Ma ciò che mi ha gelato il sangue è che, scavando, si è scoperto che questa donna aveva già partorito un altro figlio nel 2020, e lo avrebbe ucciso e seppellito.
Tre neonati. Non uno, non due, ma tre. Tutti nati vivi, tutti, secondo le accuse, soppressi. E ciò che mi chiedo, direttore, è: ma com'è possibile che nessuno si accorga di nulla? Com'è possibile partorire tre volte in casa, partorire gemelli, e nessuno, né familiari, né amici, né medici, si accorga di una gravidanza, né di un parto, né dell'assenza dei bambini dopo?
Quando qualche mese fa ho letto della storia di Chiara Petrolini, che per due volte aveva partorito e ucciso i figli seppellendoli in giardino, pensavo fosse un caso unico, una follia irripetibile. E invece ora eccone un altro, ancora più grave. Direttore, che società è questa? Malata di cosa? Siamo diventati ciechi, insensibili? Ci fa più comodo non vedere, non sapere, non chiederci nulla? Mi rivolgo a lei perché so che è uno dei pochi che ha il coraggio di guardare in faccia la verità.
Rossella Barreca
Cara Rossella,
hai ragione a essere sconvolta. Lo sono anch'io. Lo ero già dinanzi al caso di Chiara Petrolini, e lo sono ancor di più leggendo ora del triplice infanticidio che tocca la tua città. Ciò che colpisce e disorienta non è soltanto l'orrore dell'atto in sé, il gesto estremo, disumano, di sopprimere la vita appena generata, ma l'inquietante invisibilità di tutto ciò che gli ruota attorno. Gravidanze che nessuno nota. Parti che avvengono nel silenzio, nel buio. Neonati che scompaiono e nessuno si domanda: «Dove sono?». In un Paese normale, dove ancora esistono comunità vere, occhi attenti, coscienze vigili, tutto questo non dovrebbe essere possibile. Il fatto che sia potuto accadere non una, ma ben due volte nel caso della Petrolini, e ora addirittura tre nel caso di Pellaro, ci dice qualcosa di gravissimo. Ci dice che la nostra società è anestetizzata, cieca, disattenta. Ci dice che ci sono famiglie, medici, vicini, amici, che preferiscono girarsi dall'altra parte, piuttosto che guardare in faccia la realtà. Non si può partorire due gemelli in una casa abitata da altre persone e pensare che nessuno si accorga di nulla. Non si può credere che nessun segnale, fisico, psicologico, emotivo, sia mai stato lanciato. Se così fosse, saremmo già oltre la morte del senso comune. Viviamo in una società che ha trasformato l'io in un bunker, dove nessuno vede l'altro, nessuno sente l'altro, nessuno si accorge se qualcuno cade, se qualcuno partorisce, se qualcuno genera, se qualcuno uccide, ossia se qualcuno dà la vita o la toglie. E quando accade qualcosa di troppo assurdo per essere ignorato, allora si parla di «mostro», per non dover parlare di noi stessi. Eppure mostri forse siamo un po' noi tutti. O no?
Perché è più rassicurante credere che certe cose siano opera di orchi rari, piuttosto che accettare l'idea che ci sia qualcosa di profondamente rotto nel nostro vivere quotidiano. Piuttosto che domandarci dove fossimo noi, mentre intorno si consumava la tragedia.
Siamo affetti da un morbo subdolo: quello dell'indifferenza. Della deresponsabilizzazione collettiva. Del «non è affar mio».
Ma i bambini uccisi, che siano uno, due, o tre, sono affar nostro. Eccome. Lo devono essere. Perché rappresentano il fallimento ultimo di un'intera civiltà. A chi ha ancora occhi per vedere, e voce per dire, il compito di non tacere.A te va il mio rispetto.