Una regione rossa fa pasticci. Un senatore del Pd la denuncia in Parlamento. E a chi si dà la colpa? Al governo di centrodestra.
La vicenda nasce in Basilicata, regione amministrata da Vito De Filippo, ex margheritino ora Pd. Nell’occhio del ciclone finiscono gli stage promossi (guarda caso in tempo di elezioni) in 250 enti locali lucani dall’assessore regionale al Lavoro dell’Idv Antonio Autilio. Mille tirocini di dodici mesi, con un’indennità di partecipazione di circa 770 euro mensili a persona, pagata per intero con soldi provenienti dal Fondo sociale europeo. Si parla di circa 15 milioni di euro in tutto. I posti sono rigorosamente aperti solo a inoccupati e disoccupati di età compresa tra i 18 e i 39 anni (stagisti a 39 anni?), come da disposizioni del bando, scaduto ieri a mezzogiorno.
Peccato però che per legge la durata massima degli stage negli enti pubblici per chi non ha un’occupazione sia fissata in sei mesi. E chi non perde occasione per scagliarsi contro la legge Biagi dovrebbe anche sapere il perché.
La vicenda è stata scoperta dalla Repubblica degli stagisti, sito che si occupa di monitorare il regolare svolgimento dei tirocini nel mondo del lavoro, lo stesso portale che lo scorso anno aveva smascherato «superstage» fuorilegge in un’altra regione rossa, la Calabria. «Abbiamo provato a contattare l’assessore Autilio, ma lui dopo averci dato un appuntamento telefonico si è negato», dicono i gestori del sito. Il dipietrista non si fa trovare nemmeno dal Giornale. Pare sia troppo preso dalla campagna elettorale per rispondere.
La notizia giunge però all’orecchio del senatore Pd e giuslavorista Pietro Ichino, che decide di non restare a guardare e annuncia che presenterà oggi, insieme alla collega Magda Negri, un’interrogazione parlamentare ai ministri Sacconi e Brunetta per far luce sulla questione. A sdegnare il senatore non è solo la durata fuorilegge degli stage, ma l’opportunità di distribuire soldi a pioggia. Denaro per giunta proveniente dall’Ue: «Vicende come queste - sentenzia Ichino - mostrano una gravissima deformazione assistenzialistica delle politiche del lavoro e più in generale della spesa pubblica».
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