L’inquietudine diventa «musa» per tre artisti

Uno tra gli stati d’animo più diffusi, ma declinato al plurale sintetizza, con efficacia figurativa prima ancora che dialettica, l’animus appunto di Inquietudini. Una mostra al plurale anche nell’offerta di autori ed opere esposte, di stili, materiali e tecniche adottati: ad ognuno la propria arte e la propria inquietudine, per raccontare le sfumature di un sentimento universale quanto personalissimo. Al GARD, in via dei Conciatori, fino al 7 aprile per naufragare fra le tinte scure di Marco Barucco, Fabrizio Falchetto e Emilio Giusti. Diversissimi e tutti da scoprire. L’arte di Marco Barucco pare arrendersi a logiche spietate che sanno di chiaroscuri, che tracciano percorsi maniacali sia nella realizzazione iperrealista del dettaglio, sia nelle tematiche narrate. Uomini rinchiusi in strette scatole, piedi martoriati, braccia che affogano nella sabbia della clessidra: una carrellata di corpi-feticcio, come l’ossessione che si fa castrazione del corpo celando un malessere più profondo. Corpi nudi, in fuga, sepolti vivi per un’arte che finisce per essere fagocitata dal corpo stesso dell’opera. Di segno diametralmente opposto, Fabrizio Falchetto mescola elementi di pittura, scultura e poesia per costruire sipari sulla notte dell’anima, quinte scenografiche dove l’uomo, eterno ed effimero come la carta che lo sostanzia, si staglia su fondali animati di stelle e verità troppo crudeli per essere afferrate. Dal piglio irriverente quanto i colori accesi dei suoi quadri, Emilio Giusti elabora un pensiero inquieto nella scelta netta di rivisitare, in chiave contemporanea, i fasti di una tradizione graffitista, quasi melodrammatica, non disdegnando correlazioni sia con il linguaggio infantile di Twombly che con l’espressionismo tedesco, soprattutto nelle forme satiriche utilizzate da Otto Dix e George Grosz.

Maschere dal ghigno facile, gesti e parole graffiati su murales da appendere alla parete: le atmosfere squillanti di Giusti rimandano ad un presente «inquieto perché mediatico, mediato, sempre in mostra» commenta l’artista e in tanto, sullo sfondo, va in scena il carnevale.

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