«L’inquisitore» che fiuta bugie criminali

Non è facile trovare facce nuove per i thriller contemporanei. Personaggi credibili che non sembrino troppo usurati per i lettori. È probabile che si sia posto questa domanda lo scrittore americano Mark Allen Smith quando decise di concepire il protagonista del suo romanzo L’inquisitore (Mondadori, pagg. 304, euro 18). Mr. Smith ha infatti scelto di attribuire al suo protagonista un lavoro inconsueto e sempre al passo con i tempi. L’impassibile Geiger è quindi un torturatore professionista, o, come direbbe lui, un «esperto nell’ottenere informazioni». Un professionista che mette la propria esperienza al servizio di multinazionali, criminali e persino agenzie governative. Geiger ha un talento innato per far parlare chiunque e indovinare il tasso di verità nelle risposte che i soggetti danno durante i suoi interrogatori. Raramente fa ricorso alle torture fisiche, prediligendo quelle psicologiche. Geiger non ha mai fallito un incarico e non mostra mai un’emozione, finché un giorno gli chiedono di far parlare un bambino. L’incontro con il piccolo Ezra cambierà per sempre la sua esistenza. Ed è lo stesso Mark Allen Smith a spiegarci come il suo personaggio abbia profonde radici nella realtà.
«Nel 1979 - dice - facevo il produttore per una trasmissione televisiva di giornalismo investigativo e sono stato coinvolto in una terribile storia di tortura e omicidio politico in Paraguay durante l’ultima vera dittatura dell’emisfero occidentale. La vittima di cui ci eravamo occupati durante il programma era il figlio diciassettenne di un insigne medico e dissidente politico. L’occuparmi di quel caso ha risvegliato in me un interesse speciale nei confronti della tortura e del suo potere di “politica del terrore”. Poi, nell’87, quando divenni sceneggiatore, il caso dell’assassinio di una bimba di 6 anni, Lisa Steinberg, a New York City divenne un caso di oltraggio nazionale. I giornali parlarono a lungo dell’abuso fisico ed emotivo subito da Lisa da parte del suo padre adottivo.

Tenendo fra le braccia mio figlio, che all’epoca aveva tre anni, cercai di entrare nella testa di un uomo capace di torturare suo figlio e ho deciso che volevo scrivere una storia che parlasse sia di torture, sia di abusi sui minori. Così è nato il personaggio di Geiger che da bambino ha subito incredibili violenze e da grande per sopravvivere ha sviluppato la capacità di bloccare ogni sua emozione».

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