«L’Inter vincerà lo scudetto Come quando cacciò Heriberto»

Scusi Suarez, chi vincerà lo scudetto?
«L’Inter, ora ne sono più che certo».
Perché mai?
«Perché i periodacci capitano a tutti. Milan, Napoli e compagnia lo stanno passando. L’Inter lo ha già superato: all’inizio, tra infortuni e nervosismi. Ora si sono messi finalmente a giocare, i giocatori sono stati recuperati e l’Inter ha la rosa in assoluto più forte e competitiva».
E non si è chiesto come mai sia capitato? Perché i giocatori si siano messi a giocare?
«Ora sono più squadra, li vedo sacrificarsi uno per l’altro in campo. E se Milito riprende a segnare con un minimo di continuità... La differenza con i primi mesi è grande: sembravano appagati».
Solo appagati? Non le ricorda qualcosa di quell’Inter che fece fuori Heriberto Herrera nel campionato ’70-’71, eppoi vinse lo scudetto con Invernizzi?
«Io non c’ero quell’anno, perché Heriberto mi aveva fatto mandare via in estate...»
Appunto, racconti la storia...
«A fine campionato, Heriberto va da Fraizzoli e gli dice: Corso e Suarez non possono giocare insieme. Allora il presidente mi chiama e mi riferisce. E io rispondo: se è così faccia come crede, ma è naturale che vada via io, che ho 35 anni, e non Mario, che allora ne aveva 29. E aggiunsi: meno male che Heriberto è arrivato solo quest’anno, sennò chissà che sfracelli... In fondo, io e Mario, insieme, abbiamo vinto tutto...».
Poi la squadra chiese a Fraizzoli di licenziare Heriberto... Qualche similitudine con oggi?
«Qualcosa c’è. Heriberto era un tipo davvero esagerato: chiedeva di eseguire movimenti e azioni con esasperazione. Io, ogni tanto, mi lasciavo andare alla mia abitudine, ovvero al passaggio in profondità, ed erano guai: niente, la palla doveva passare all’ala, eppoi tornava indietro, era tutto schematizzato e ripetitivo. Troppo! La squadra non legava col tecnico, soffriva. E quando c’è stata la Liberazione ha tirato fuori tutte le qualità che aveva dentro. E ha detto: adesso vi facciamo vedere noi».
E stavolta?
«Qui non si sopportavano, non so da quale parte stia la colpa. Però era chiaro che Benitez non avrebbe finito l’anno».
Leo come Invernizzi?
«Invernizzi era un allenatore che aveva giocato con alcuni di loro, un tipo alla buona. Lasciò molta libertà ai giocatori. Qui mi pare che Leonardo sia partito col piede giusto. Ha detto: siete più forti, più bravi, ha parlato con la gente e seguito le orme di Mourinho. Ha ascoltato eppoi detto: andiamo su questo binario e vediamo».
Anche qui è arrivata la Liberazione?
«Una volta andato via quello che consideravano un ostacolo, i giocatori sono stati obbligati a rendere di più. Ma il miracolo è successo prima della finale. Ha notato? Di colpo guariti tutti. Era chiaro che la gente pensava solo a quella partita. La Liberazione ha completato l’opera: è chiaro che se lavori con il sorriso sulle labbra, rendi di più».
Ora cosa combinerà l’Inter?
«Punterà a tutto. In campionato avrà il puntiglio per vincere e dire: visto? Siamo i più forti. E così all’Europa: visto? Siamo ancora qui».
Momenti cruciali?
«Gli scontri diretti: la squadra deve dare il segnale della sua forza. Annunciare: non ce n’è per nessuno. Invece contro piccole squadre, come Bologna o oggi il Cesena, è troppo superiore: quelle commettono errori importanti. Ora l’Inter arriva in gol anche con i centrocampisti. Conta molto».
Partita decisiva?
«Il derby. Poco tempo fa il Milan sembrava talmente forte da far pensare a un campionato finito. Ora il distacco è normalissimo.

Ci sarà voglia di rivincita anche per il derby d’andata: perso malamente».
E magari Eto’o vince la classifica dei cannonieri?
«Può darsi. Non è un goleador ossessionato, arriva facilmente in porta: con leggerezza. È un vantaggio. Non credo che Ibrahimovic e Di Natale terranno il passo».

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