nostro inviato a Mosca
Sono questi i giorni in cui Mosca celebra la cosiddetta «festa dei carrozzieri»: quando scende il gelo, cè chi si dimentica come si guida e sono botti che fanno felici chi rimette in sesto le auto. Ideale per lInter che ha una carrozzeria da formula uno, ma ogni tanto ha bisogno di aggiustare qualcosa. Vince il derby e tutti pensano: serata memorabile. Poi vedi Vieira che sarrabbia con Mancini, Samuel col muso perché voleva giocare di più, Mihajlovic che difende lallenatore, sussurri e grida cominciano a riparlare delleterna voglia di dimissioni del tecnico (agli amici le avrà annunciate almeno tre volte) e allora non resta che dirla con il Mancini medesimo che prima di parlare di Champions, Spartak e problemi assortiti, ha sintetizzato una storia, un ambiente, un futuro. «AllInter può succedere che si litighi anche dopo un derby vinto così. Di solito i giocatori si arrabbiano perché vengono sostituiti. Qui per il contrario». Ironia da mea culpa, ma avviso ai naviganti: sarebbe ora di finirla.
Mosca è il crocevia di tante storie nerazzurre: qui arrivò Ronaldo a far spettacolo sotto la neve e la squadra vinse la partita che diede la spinta al cammino verso la finale di coppa Uefa, vinta contro la Lazio. Qui arrivò la squadra appena devastata dal licenziamento di Hector Cuper, e in mano a Verdelli, e cominciò il disastro (sconfitta 3-0) di unaltra stagione da buttare. Oggi arriva unInter in testa al campionato, come foto ricordo la vittoria nel derby e come refrain del successo tutto quel mugugnare fra allenatore e giocatori, con Moratti voce fuori campo. Il patron ha cercato di cucire e rammendare, una coccola a Mancini, una idea per tutti («Avanti in umiltà, serve vincere ancora»), la sensazione di non aver gradito tutto quel lacerarsi un contro laltro dopo aver battuto il Milan. Ma sapendo che il momento è importante, che serve unaltra vittoria determinante per aggiustare quasi definitivamente il cammino di Champions, rieccolo pronto a restituire a tutti un po di entusiasmo. «Quella del derby è stata una vittoria memorabile, a gennaio capiremo se questo è lanno buono. Finalmente ci siamo, abbiamo trovato la voglia di vincere mancata nel passato. E con le vittorie, abbiamo recuperato lequilibrio mentale che ci serviva».
Moratti ha qualche problema influenzale e non sa ancora se sfiderà il gelo allo stadio. Certo, non è casuale il richiamo a quellequilibrio mentale. Ieri si è fatto raccontare dai suoi dirigenti impressioni e sensazioni: la squadra in gita turistica sulla piazza Rossa, chi sta e con chi, chi sorrideva e con chi. Troppi musi e troppe risse verbali non depongono a favore della capacità di Mancini di tenere calmo uno spogliatoio. Il patron è preoccupato in questo senso, anche se il tecnico ha dispensato la tranquillità del sereno dopo la tempesta. «Dopo una partita come il derby si può essere nervosi, dirsi parole in più. Il nervosismo era mio e dei giocatori. Di certo non mi sono dimesso. Né intendevo farlo. Non cè nulla di anormale. Ci possono essere scontri verbali, ma conta che finiscano subito. È importante parlarne, chiarirsi e che non rimanga niente». Conta anche il rapporto con Moratti. Conciliante quando dice: «Un allenatore se vince è bravo, se perde è un asino. Chi non vuol sentirsi dire queste cose cambi mestiere». Un po freddo quando specifica: «Moratti vuole che vinciamo, sono daccordo. Ma ricordiamoci che non è sempre possibile vincere, può capitare di pareggiare o perdere».
Stasera è partita a senso unico. «Sarei contento del risultato dellandata», ha ammesso il tecnico. Servono vittoria e gol di Cruz. «Crespo nel derby doveva giocare unora, invece sono stato costretto a tenerlo dentro fino in fondo. Se Ibrahimovic sta bene, Hernan va in panca».
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