L’interrogatorio Game davanti al giudice: «Non ho complici»

Per gli investigatori si tratta di «materiale interessante», ritrovato nel laboratorio di via Gulli, il covo del kamikaze e dei due presunti complici arrestati per l’attentato alla caserma Santa Barbara di piazzale Perrucchetti. Telecomandi per innescare a distanza altre bombe.
Nonostante l’assoluto silenzio degli inquirenti, dunque, emergono altri dettagli delle indagini. Uno di questi si ricava dall’interrogatorio di Mohamaed Israfel, il cittadino libico fermato nella notte tra lunedì e martedì scorsi. Secondo Israfel, quelle bombe avrebbero dovuto essere «consegnate» a connazionali ignari, così da trasformarli in nuovi kamikaze e colpire gli altri obiettivi della cellula: diversi ritagli di giornale riguardanti alcune caserme e la questura sono stati ritrovati in via Gulli, tra le pagine di un Corano.
Ieri, intanto, il giudice per le indagini preliminari Franco Cantù Rajnoldi ha interrogato Game, uscito dal coma farmacologico nel quale era tenuto dai medici. Un faccia a faccia di un’ora durante il quale il cittadino libico - che a seguito dell’attentato ha perso la vista e un braccio - ha risposto ad alcune delle domande fatte dal gip, ricostruendo la dinamica del fatto. Game, tuttavia, è rimasto sorpreso quando gli è stato fatto presente che erano stati arrestati anche i suoi due presunti complici, e ha negato di avere contatti con altri estremisti.
Con ogni probabilità già oggi anche il pm Maurizio Romanelli, titolare dell’inchiesta, interrogherà Game. Gli inquirenti vogliono accertare - come sembra - se la cellula di via Gulli avesse altri complici.

E un chiarimento, in questo senso, arriverà anche dai risultati delle analisi dei tabulati telefonici e del computer ritrovato nella casa del kamikaze. Perché sul web Game passava molto tempo. Forse, per mantenere vivi i contatti con altri estremisti islamici.

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