Politica

L’intervento Energia: quei dibattiti bulgari della Regione Lazio

Lo scorso venerdì sono stato a Frascati, ospite di un dibattito, condotto da Antonello Piroso (il bravo e apprezzato direttore di Tg La7) e organizzato dalla Regione Lazio. Alla quale non posso esternare il mio apprezzamento. Al contrario. I dibattiti erano tre, uno sull’energia nucleare, uno sull’energia solare e uno sulle responsabilità dell’uomo sul clima. Dibattiti e manifestazione avevano un preciso scopo: sdoganare mediaticamente come cosa buona e giusta lo sperpero di denaro pubblico che quella Regione sta realizzando nel settore energetico. Nel dibattito sul nucleare, ad un mite e signorile ingegnere nucleare erano stati messi contro ben due relatori; a dar manforte ai quali ci si è messo pure il moderatore. Al terzo dibattito c’ero io, quindi non ne parlo se non per dire di essere stato forse meno mite e signorile dell’ingegnere del dibattito precedente, ma sicuramente più coriaceo.
Il dibattito sul solare era in stile bulgaro, roba da far morire d’invidia Breznev se fosse ancora vivo: i tre relatori erano d’accordo su tutto. La cosa mi deluse un po’, perché quando fui invitato e mi si disse che avrei dovuto partecipare alla sessione sul clima, detti la mia disponibilità a quella sull’energia solare, ma mi si disse che tutti i punti di vista sarebbero stati ospitati. Molto probabilmente alla Regione erano informati di quanto avrei potuto essere indigesto. Invece c’erano, innanzitutto, un installatore di impianti solari. Poi, una dolce signora che, quando ci presentammo mi disse di essere (cito testualmente) una «pensatrice» di professione: nei 20 minuti che ebbe a disposizione esternò un pensiero che, ahimé, contraddisse tutte le leggi della fisica. Infine, c’era Mario Tozzi, il conduttore televisivo che oscilla tra catastrofismi e visioni bucoliche della vita.
L’assessore regionale si vantava della più grande centrale fotovoltaica d’Italia che la sua amministrazione ha realizzato in quel di Montalto: 6 megawatt che, a suo dire, serviranno i cittadini locali quando i combustibili fossili saranno finiti, senza renderli schiavi del nucleare che, precisò, mai si farà nel Lazio. Naturalmente non disse né il costo né la produttività di quell’impianto: senza tema di esser smentito, direi più di 40 milioni il primo e meno di 0.7 Mw la seconda. Ora, il reattore nucleare tanto sdegnato dall’assessore laziale costerebbe meno di 4 miliardi e produrrebbe 1.000 Mw: facendo le debite proporzioni, si scopre che la Regione Lazio sta facendo pagare ai cittadini quasi 60 miliardi una cosa che si potrebbe ottenere con meno di 4. Con l’aggravante che, se i combustibili fossili saranno esauriti, l’impianto fotovoltaico sarà inservibile perché quando il sole non brilla non vi sarà l’impianto nucleare a sostituirlo.
Il Tozzi, invece, si pose la lodevole domanda se per caso non fosse possibile un altro modello di società, che consumi meno energia e la faccia costare di più (disse che dovremmo prendere a modello i beduini del Sahara). Il suo ragionamento è il seguente. I consumi energetici di ciascuno di noi si attestano a 3 kW (uno dei quali di sola energia elettrica), che è come dire che ciascuno di noi ha 60 schiavi a servizio (assumo 50 W a schiavo). Il kWh elettrico lo stiamo pagando 20 centesimi, che è come dire che staremmo pagando l’ora lavorativa di ciascuno «schiavo» un centesimo. Ergo - conclude Tozzi - è necessario che l’energia costi di più, con ciò dando anch’egli la propria benedizione agli sperperi della Regione, che sta facendo pagare più di 60 miliardi una cosa che avrebbe potuto far pagare meno di 4. Ora, il ragionamento di Tozzi potrebbe essere esteso a molti altri settori. Per esempio, un vaccino contro il tetano costa 10 euro, ma di tetano si muore; ergo è necessario che il vaccino contro il tetano costi come minimo, 1.000 euro; ed è ancora poco, visto che la vita non ha prezzo.

Consiglierei a Tozzi di esporre queste sue idee non solo ai produttori di pannelli fotovoltaici ma anche alle multinazionali del farmaco: anch’esse lo accoglieranno a braccia spalancate.

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