L’intervento Il futuro del Pdl? È ora che Tremonti scopra le sue carte

Gentile direttore, che cosa sta accadendo nel Pdl? Molti se lo chiedono preoccupati e allarmati. Premetto che intendo intervenire in questo dibattito senza il minimo interesse a svolgere un ruolo di maggiore responsabilità politica alla guida del partito, oggi come nel futuro. La mia è solo una preoccupazione sincera e un desiderio di contribuire ad affrontare questioni aperte, con uno spirito costruttivo e improntato al valore supremo della solidarietà. Senza solidarietà all’interno del gruppo dirigente, i partiti si avviano a un futuro incerto e si rivelano meno capaci di affrontare le difficoltà che si presentano sul proprio percorso.
Chi conosce la storia di questi ultimi decenni potrà confermare questa mia convinzione. Nelle lettere dal carcere di Aldo Moro, dedicate alla Democrazia Cristiana, si trovano, a questo proposito, accenti drammatici quanto profetici.
Non voglio parlare della mia vicenda personale, che tuttavia personale non è, perché potrebbe indurre a pensare che il valore della solidarietà non si è cementato a sufficienza nel gruppo dirigente del Pdl, che pure ho contribuito in minima parte a formare e fortificare.
Voglio parlare della questione centrale che è di fronte al Pdl, e che ne costituisce il nucleo fondante. Questa questione ha a che fare con il compito di realizzare un partito liberale, riformista e popolare, in quanto partito nazionale capace di costituire l’ossatura del sistema politico e della stessa unità nazionale. Nessuno può ignorare oggi quanto sia drammatica e niente affatto irreale la prospettiva di un’Italia che si spezzetta in un Nord colorato politicamente con le bandiere della Lega e del Pdl, delle Regioni rosse nelle quali resiste l’eredità storica della sinistra comunista, e infine un Sud teatro di movimenti locali, clientelari e notabilari, in cui l’influenza della criminalità organizzata sarebbe più forte di quanto non sia oggi.
Che cosa può scongiurare questo possibile scenario? A mio avviso soltanto la solidità di un forte partito nazionale, capace di tenere unito questo Paese, proseguendo un progetto di cambiamento e di rinnovamento.
Un partito nazionale in grado di garantire che il federalismo diventi la condizione di una maggiore coesione nazionale e non un principio di anarchia e di dissoluzione di ciò che resta della nostra unità.
Il Pdl è pronto per questa responsabilità, che oggi viene garantita quasi unicamente dalla leadership del presidente Berlusconi? Questa secondo me è la domanda fondamentale che la classe dirigente del Pdl si deve porre, se questa classe dirigente ha almeno la coscienza delle proprie responsabilità. La convivenza delle componenti all’interno del Pdl è un problema che esiste, ma esiste in vista di questa responsabilità predominante.
Anche la ricca e complessa personalità del ministro Tremonti, sia per il ruolo che esercita nell’attuale compagine governativa che per il contributo offerto all’elaborazione di una cultura di destra, deve essere posta all’interno di questa riflessione essenziale.


La questione è di sapere se la personalità, l’esperienza e il ruolo di Tremonti sono funzionali al rafforzamento di un partito nazionale, nell’ambito di un rapporto di solidarietà che si cementa all'interno del gruppo dirigente del Pdl, oppure se la sua figura è destinata, per propria scelta o per altre ragioni, a risplendere maggiormente in una rispettabile solitudine partitica, se pure al servizio del Paese.
Sono certo che un approfondimento di questi temi gioverebbe a fugare equivoci ed ambiguità, e ad affrontare problemi da cui dipende il futuro non solo del Pdl ma dell’intero Paese.
*Coordinatore nazionale Pdl

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