L’intervento Psicologi a buon prezzo? Non bastano

L’appello lanciato dal cardinale Tettamanzi a psichiatri e psicologi perché mettano a costi contenuti o gratuitamente parte del loro tempo a disposizione di chi soffre, rappresenta un vera novità nei rapporti fra la Chiesa, che da due millenni si occupa delle nostre anime, ed i professionisti della psiche, che di quest’ultima si prendono cura da poco meno di due secoli. Quanto affermato, da un lato gratifica il lavoro di tutti noi e dall’altro pone un problema di urgenza della revisione della Legge 180, in cantiere da molti anni. La necessità riconosciuta dal cardinale di un supporto più capillare per chi deve riuscire a superare momenti di crisi economica e sociale particolarmente duri, non può infatti che essere condivisa da tutti gli operatori del settore ma, francamente, la sola carità cristiana di medici e psicologi, ai quali viene richiesto di «mettere qualche ora a disposizione gratuitamente o a prezzi calmierati» non penso possa essere risolutiva. Quanto richiesto dal cardinale Tettamanzi avviene già, e sono molti i professionisti che partecipano ad associazioni di volontariato, dedicando gratuitamente il loro tempo. Il problema è un altro: siccome è vero che più del 27 per cento dei milanesi (e non solo) hanno sperimentato la depressione, come mai al comparto salute mentale non vengono attribuiti fondi più consistenti? Paradossalmente vi sono malattie definite «rare» che drenano (giustamente) contributi regionali ingenti e hanno ottenuto esenzioni dal pagamento di visite e farmaci. I medicinali anti ansia invece no: sono a pagamento, così come le psicoterapie... a parte quelle effettuate nelle largamente insufficienti strutture territoriali. La Legge 180 (quella che chiuse i manicomi) doveva riformare tutto il percorso dell’assistenza psichiatrica in Italia, invece non si è fatto più nulla e l’unico risultato è stato quello di abolire la patologia psichiatrica e psicologica per legge. La salute mentale è un bene prezioso e se una persona è oppressa dal senso della propria debolezza e incapacità a superare condizioni esterne va aiutata, non certo meno di come lo Stato ha aiutato, e continua ad aiutare, banche e imprese in difficoltà. Infatti il rischio attuale è che si aiutino solo i «gruppi» e chi non è integrato in un gruppo rischia di non essere protetto né dal «suo» gruppo, né dai gruppi più potenti che abbiano introdotto misure di protezione per i gruppi più deboli.

Insomma chi tutela il singolo individuo? Solo noi psichiatri e psicologi? Pur ringraziando il cardinale Tettamanzi per la graditissima stima, mi sembra come voler svuotare il mare con un secchiello.
*docente di Psicologia clinica
Università di Genova

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