Politica

L’intervento Sì, alcuni dimenticano di dovere tutto a Silvio

Caro Direttore,
le parole del coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, ieri sul suo giornale, mi hanno aperto il cuore e permesso di provare le stesse emozioni, motivazioni e idee che nel 1994, appena ventitreenne, mi spinsero con la forza dirompente di uno tsunami a seguire Berlusconi e a iscrivermi a Forza Italia - la prima cellula di quel Popolo della libertà -, creatura berlusconiana in fieri. Senza mai pentirmene, nemmeno nei momenti più duri, che pur ci sono stati.
Ero giovane, una semplice, semplicissima cittadina come tanti alla quale Berlusconi indicava, senza mediazioni, in un dialogo incredibilmente diretto tra il leader e me, ovvero il popolo, un sogno da seguire che negli anni è diventato realtà: la nuova Italia. Idee, passioni, emozioni, motivazioni, allora come oggi surriscaldate da un leader, Berlusconi, che ha fatto compiere alla gente, all'intero Paese, un percorso di alfabetizzazione politica, umana, culturale radicalmente innovativa, diametralmente opposta al sistema di palazzo e per questo sempre in grado di rigenerarsi e generare entusiasmo.
Noi nascevano e ci moltiplicavamo in consensi e in risorse umane sulle ceneri della partitocrazia che si era estinta, perlopiù e soprattutto per l’autoreferenzialità del sistema politico, una certa impunità dettata dalla supposta intoccabilità del potere rispetto alla gente comune e, principalmente, dalle logiche della nomenklatura, ovvero della guerra fratricida tra correnti. Lo specchio della crisi morale e elettorale, del coma irreversibile nel quale è finito il Pd per l’incapacità di una rilettura storica del suo passato e del suo presente e per la fusione innaturale di valori antitetici tenuti insieme non dall'amore, dalla convinzione, dalla passione, ma dal fine del potere per il potere. Il trionfo dell'apparato in un’epoca che ha visto la sconfitta globale dei partiti-apparato.
Correnti, parola quest’ultima che in Forza Italia non esisteva e che Berlusconi abiurava come la parola «partito», respinta infatti dalla stessa gente ai gazebo perché sa di vetusto, di fumisterie, di politica dei due forni o blockfrei, di compromessi al ribasso, di governi che cambiavano ogni 12 mesi e producevano debito pubblico, di una storia che non ci appartiene. Mentre noi siamo stati e saremo sempre più il sentimento stesso del popolo che si affida in un idem sentire, in totale empatia, al suo leader naturale, forte e insostituibile perché reso forte dalle primarie più vere e ufficiali possibili: il voto del popolo nelle urne. Aggiungendovi una innegabile, ineguagliabile capacità di riuscita, di vittoria, di costruzione che altri devono ancora dimostrare.
Non posso che ringraziare Sandro pertanto per il coraggio di dire quello che in molti, tanti, specie tra coloro che come me grazie a Sandro hanno potuto crescere in Forza Italia, un movimento che dava questa possibilità, che aveva questo respiro di conventiones ad includendum, pensano e provano. Grazie Sandro per aver ricordato a tutti che il Popolo della libertà è un cuore pulsante che batte e vive con e per il suo leader le cui decisioni - spesso epidermiche - non possono e non devono essere superate, pena il venir meno di quella dinamicità, di quella eccezionalità, di quella inimbrigliabilità che il Popolo della libertà rappresenta nel panorama politico italiano.
E ancora grazie Sandro per aver denunciato la tua preoccupazione, che è mia, come tua e della stragrande maggioranza dei nostri dirigenti ed eletti, che a volte al nostro interno, nella nostra nuova famiglia, si corre il rischio di sacrificare i valori unificanti, gli ideali al falso criterio della salvaguardia delle posizioni personali raggiunte o, peggio, dell’amico dell’amico e non il criterio del migliore, del vincente, dell'interprete delle idee popolari, come ci ha viceversa insegnato Berlusconi e che è stato condiviso anche dal co-fondatore, Fini.
E capita anche, incredibilmente, di trovare chi professa esercizi di arroganza, di spocchia, chi pensa di essere autosufficiente perché eletto in cima a una lista grazie e solo al simbolo che portava all'interno il nome Berlusconi e che, a volte, masochisticamente, si vorrebbe anche cancellare o perché ripreso continuamente dai media, dimenticando che ciò avviene in virtù di un posto apicale generosamente creato e concesso dal leader. Senza il quale si potrebbe anche forse esistere o resistere rappresentando però solo se stessi. O addirittura chi tende a dimenticare che senza Berlusconi si stava ancora a scaldarsi inutilmente ai margini del campo costituzionale o nell'angolo della logica delle correnti e del manuale Cencelli che consegna il potere nelle mani di pochi sacrificando il consenso e l’interesse generale della gente.
Non posso che dar ragione, dunque, ancora una volta, a Sandro Bondi sul fatto che il Popolo della libertà non può e non deve snaturarsi e perdere la sua natura carismatica, disperdere il suo potenziale abdicando a disvalori da politburo.
Soprattutto oggi che, suo malgrado, quel che resta della sinistra italiana scopre la forza schiacciante della leadership, sebbene pur sempre locale e ancora confusa tra le mille voci distoniche del Pd nazionale.
Nessuno di noi berlusconiani, di quei giovani nuovi alla politica che proprio Sandro Bondi ha allevato in Forza Italia e oggi nel Pdl, si riconosce e potrà mai riconoscersi nelle supposte correnti: significherebbe abiurare al nostro percorso personale e politico nel solco indelebile tracciato dal leader. Sono pronta, siamo pronti e in grado ancora una volta di cogliere la sfida. Di organizzarci, come e meglio di altri, per preservare quanto fino a oggi creato con la forza delle idee, della passione, della conclamata capacità di vedere oltre - dove altri non vedono - dal presidente Berlusconi.


Proteggere Berlusconi, la sua leadership è per noi proteggere, aver rispetto ed aprirci alla gente e per la gente, ovvero il fine per il quale siamo entrati in politica.
*Deputato Pdl
Coordinatrice regionale Alto Adige

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