L’INTERVISTA LA DISSIDENTE

Maryam Rajavi, da 15 anni guida da Parigi il Consiglio nazionale della resistenza iraniana, la coalizione di forze democratiche che mira a rovesciare il regime di Teheran.
Siete stati primi a prevedere con certezza l’esito di questo voto.
«Nell’Iran dei mullah le elezioni sono una farsa, uno strumento per rafforzare la dittatura religiosa. Sapevamo, da fonti attendibili, che Khamenei aveva intenzione di rieleggere Ahmadinejad e con una larghissima maggioranza».
Teheran sceglie la via della censura mediatica. Voi che notizie avete dal Paese?
«Sappiamo di decine di persone uccise e migliaia di arresti. Le forze di sicurezza del regime attaccano in casa, compiono raid negli ambulatori per arrestare e torturare i feriti, che ora evitano addirittura di andare all’ospedale».
Chi sono gli iraniani che stanno sfidando il regime?
«Provengono da tutte le classi sociali e sono persone stanche di 30 anni di esecuzioni capitali, corruzione, discriminazione sessuale e censura».
La Guida Suprema promette un riconteggio dei voti.
«La sue promesse sono insignificanti. È lui stesso l’architetto dei brogli. È solo una tattica per ridurre la tensione. Khamenei vede la sopravvivenza del suo potere nella repressione interna, nel nucleare e nell’esportazione del terrorismo nella regione. La conferma di Ahmadinejad è parte di questa politica. Che ora sta vacillando. Credo che stiamo assistendo all’inizio della fine per il regime dei mullah».
Moussavi può essere veramente una speranza per l’Iran?
«Il vero cambiamento avverrà quando nel Paese ci saranno politici guidati da principi come: la fine della dittatura religiosa, l’istituzione di una repubblica democratica e il secolarismo.

Proprio su questi fronti siamo impegnati come Consiglio nazionale della resistenza».
Cosa chiedete alla comunità internazionale?
«Di fare molto di più: la fine della politica di accondiscendenza con Teheran, dure sanzioni contro il regime e nuove elezioni sotto la supervisione Onu».

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