L’INTERVISTA GIUSEPPE FILIANOTI

RomaChi ha detto, sostenuto, urlato e sottoscritto che il signor Montanelli di nome Indro non fosse un umorista, s’inginocchi per terra e, come ogni penitente che si rispetti, si cosparga il capo di cenere e chieda mercé come Enrico di Germania fece a Canossa davanti a Sua Nobilità la marchesa Matilde. E chi, tra l’altro, si fosse dimenticato che l’autore degli Incontri scrisse a suo tempo Il petto e la coscia si rechi subito a leggere l'originale di recente ripubblicato dal mensile Sipario. Diciamo tutto questo non per giustificare una passione teatrale, a lungo considerata niente più che un hobby persino dai più irriducibili ammiratori del grande Indro, ma per mettere i puntini sulla i della sua irresistibile vocazione di drammaturgo. Che, non a caso, nei prolifici anni sessanta quando, alla guida dello scomparso Teatro Sant’Erasmo, il piccolo tempio milanese dedicato alle novità italiane per merito del compianto Maner Lualdi, lo vide applauditissimo autore di due straordinari copioni rimasti nella mente e nel cuore di tutti i teatranti. Dal bellissimo I sogni muoiono all’alba, l’inno libertario creato a ridosso della feroce repressione della rivolta ungherese del ’56, che l’autore traspose poi con successo sullo schermo, a quel Kibbutz dedicato ai coloni del nascente Stato d’Israele che ci auguriamo venga prima o poi ripreso in una cornice degna di quell’impegno e di quella passione civile. Ma, ora vi chiederete, come mai animato da tanto legittimo zelo, abbia perso per strada il Montanelli degno di Pitigrilli nel sottolineare con impeto i protagonisti da fustigare con sarcasmo nell’era del boom economico. Ebbene, per chi non lo sapesse, Indro nel ’60 prima concepì, poi immaginò e detto fatto fulminò con impagabile ironia gli incorreggibili radical-chic della capitale morale. In una pièce tenera e surreale, intitolata ad hoc Viva la dinamite! che oggi grazie all’eleganza iconoclasta del milanese Pippo Crivelli è in scena a Roma per un mese di fila al Teatro Vittoria, sede del più grande successo comico del teatro italiano, ovvero Rumori fuori scena.
Ma come mai Montanelli si prodigò, chiederete, addirittura a favore dei bombaroli? Lui, che giustamente, aveva orrore della violenza e sosteneva a pié fermo virtù e valori dello stato di diritto? La risposta ce la dà l’intricatissima trama che vede un anarchico di nome Bakunin trovar rifugio, prima precario e subito dopo stabile, nella ricca dimora di un commenda milanese torturato dalle indifendibili smanie della moglie russa, patronessa della più incredibile modern art nelle vie percorse notte e giorno da frotte di matrone cariche di rughe e di milioni al braccio di gigolò impomatati dallo sguardo rapace. Ben presto il commenda, dopo che la consorte ignara degli eventi ha promosso l’aspirante bombarolo a genio della pittura contemporanea, decide di assumere la personalità dell’antico contendente e di piazzare a sua volta una bomba.

Cosa accadrà lo scoprirete voi se vi recherete nella Città Eterna ad applaudire in questo piccolo capolavoro fortunatamente recuperato con l’irresistibile Stefano Altieri e la sorprendente Viviana Toniolo, che furoreggia nel ruolo che fu di Wanda Osiris. Ma possibile che Viva la dinamite!, non venga subito imposta a furor di popolo in quel di Milano?

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