RomaChi ha detto, sostenuto, urlato e sottoscritto che il signor Montanelli di nome Indro non fosse un umorista, singinocchi per terra e, come ogni penitente che si rispetti, si cosparga il capo di cenere e chieda mercé come Enrico di Germania fece a Canossa davanti a Sua Nobilità la marchesa Matilde. E chi, tra laltro, si fosse dimenticato che lautore degli Incontri scrisse a suo tempo Il petto e la coscia si rechi subito a leggere l'originale di recente ripubblicato dal mensile Sipario. Diciamo tutto questo non per giustificare una passione teatrale, a lungo considerata niente più che un hobby persino dai più irriducibili ammiratori del grande Indro, ma per mettere i puntini sulla i della sua irresistibile vocazione di drammaturgo. Che, non a caso, nei prolifici anni sessanta quando, alla guida dello scomparso Teatro SantErasmo, il piccolo tempio milanese dedicato alle novità italiane per merito del compianto Maner Lualdi, lo vide applauditissimo autore di due straordinari copioni rimasti nella mente e nel cuore di tutti i teatranti. Dal bellissimo I sogni muoiono allalba, linno libertario creato a ridosso della feroce repressione della rivolta ungherese del 56, che lautore traspose poi con successo sullo schermo, a quel Kibbutz dedicato ai coloni del nascente Stato dIsraele che ci auguriamo venga prima o poi ripreso in una cornice degna di quellimpegno e di quella passione civile. Ma, ora vi chiederete, come mai animato da tanto legittimo zelo, abbia perso per strada il Montanelli degno di Pitigrilli nel sottolineare con impeto i protagonisti da fustigare con sarcasmo nellera del boom economico. Ebbene, per chi non lo sapesse, Indro nel 60 prima concepì, poi immaginò e detto fatto fulminò con impagabile ironia gli incorreggibili radical-chic della capitale morale. In una pièce tenera e surreale, intitolata ad hoc Viva la dinamite! che oggi grazie alleleganza iconoclasta del milanese Pippo Crivelli è in scena a Roma per un mese di fila al Teatro Vittoria, sede del più grande successo comico del teatro italiano, ovvero Rumori fuori scena.
Ma come mai Montanelli si prodigò, chiederete, addirittura a favore dei bombaroli? Lui, che giustamente, aveva orrore della violenza e sosteneva a pié fermo virtù e valori dello stato di diritto? La risposta ce la dà lintricatissima trama che vede un anarchico di nome Bakunin trovar rifugio, prima precario e subito dopo stabile, nella ricca dimora di un commenda milanese torturato dalle indifendibili smanie della moglie russa, patronessa della più incredibile modern art nelle vie percorse notte e giorno da frotte di matrone cariche di rughe e di milioni al braccio di gigolò impomatati dallo sguardo rapace. Ben presto il commenda, dopo che la consorte ignara degli eventi ha promosso laspirante bombarolo a genio della pittura contemporanea, decide di assumere la personalità dellantico contendente e di piazzare a sua volta una bomba.
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