L’INTERVISTA IL LEADER

Quella protesta ha fatto cadere come birilli gli altri regimi

L’INTERVISTA  IL LEADER

«Né io né gli altri capi della protesta ci aspettavamo quella barbarie, quel massacro. In fondo cosa facevamo di male, qualche sciopero della fame e dei dibattiti. La legge marziale del 20 maggio ci mise un po' di paura, ma durò poco. L'esercito era incerto, si fermava se la gente bloccava le sue colonne. C'illudevamo che finisse con qualche arresto. Eravamo lì da più di 45 giorni, molti erano stufi e io stesso la sera prima del 3 giugno, me ne andai a casa mia nella provincia del Shan Xi per prendere qualche cambio d’abito. Quel viaggio mi salvò».
Il professore Zhang Hi è uno dei pochi protagonisti di quei giorni sfuggito sia al massacro, sia alla successiva repressione come racconta dalla sua casa nel Maryland. «Dopo la strage, mentre ero nascosto da amici, arrestarono mia moglie, capii che l'unica speranza era uscire dal paese. Per tre anni vagai di casa in casa. Alla fine ho raggiunto Canton e da lì in barca Hong Kong».
Lo rifarebbe?
«Con ancora più forza. È stata una svolta storica, la prima in un paese socialista. Quel massacro sotto gli occhi del mondo ha aperto la strada a molti cambiamenti e impedito altre repressioni, ha messo con le spalle al muro gli altri sistemi comunisti e li ha fatti cadere come birilli uno dopo l'altro. Oggi il comunismo è un fossile, sopravvive solo in Cina, in Corea e a Cuba. Nessuno oggi si azzarda a considerare legittima la centralità del Partito comunista e il concetto di comunismo ha una valenza negativa».
In Cina invece non è cambiato nulla..
«Non è vero. Dopo quel massacro il popolo non considera più il partito e una parte va per la sua strada. L'esercito popolare è diventato nemico del popolo. I morti di quella notte hanno creato le premesse per la fine del regime. In Cina il comunismo oggi può cadere da un momento all'altro, nessuno se ne meraviglierebbe».
Lei ci spera ancora..
«Succederà, è inevitabile: tutti i popoli aspirano alla democrazia. Le proteste anche violente che si accendono ne sono il sintomo. La Cina è una dittatura e nessuno sa cosa succeda veramente. I regimi comunisti crollano all'improvviso perché nascondono i problemi. Il magma non viene alla luce, ma crea malessere e alla fine scoppia come un vulcano».
Quindi immagina un epilogo violento.
«Se il partito medierà ci sarà una transizione morbida. Il rischio è l'esercito. Se interviene non finirà in uno o due giorni, nel Paese c'è rancore. La gente pensa che nell'89 abbiamo sbagliato a non prendere le armi».
La Cina è considerata solida e in rapido sviluppo.
«Vi fate ingannare da un’economia basata sullo sfruttamento illimitato d'ambiente e risorse. I cinesi vengono espropriati dei loro beni nel nome di grandi investimenti che distruggono l'ambiente e uccidono la popolazione con inquinamento e malattie.

In Cina non esiste né controllo ambientale né proprietà privata, tutto è del popolo ergo dello Stato che lo utilizza a proprio piacimento distruggendo vite e risorse. Se il conto economico considera anche questi elementi distruttivi la Cina è un sistema in bancarotta».

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