L’INTERVISTA LUCIANO TOLA

Per mille ragioni il calcio rimarrà nei secoli lo sport più seguito dagli italiani, a prescindere dai suoi scandali. Ma in tante cose il basket è arrivato prima: l’arbitro parlante e «spiegante» a fine partita è una di queste, esperimento partito con la Supercoppa e continuato in campionato. Una svolta fortemente voluta da Luciano Tola, 47 anni e da quasi tre mesi presidente del Comitato Italiano Arbitri: insomma, il Nicchi della pallacanestro.
Presidente Tola, come hanno funzionato le prime settimane di arbitro davanti al microfono Sky ad analizzare i suoi presunti errori?
«Bene, perché a fine partita spieghiamo la regola agli appassionati partendo da un’azione contestata, ma non è che ci mettiamo a fare la moviola. Per il momento non c’è contraddittorio con il telecronista, non è un caso».
Ritiene possibile anche nel calcio un esperimento del genere?
«Sarebbe utilissimo per avere tifosi migliori, in quanto più informati. Domenica sera, dopo una giornata sui campi da basket, sono tornato a casa e ho seguito tre trasmissioni in cui si analizzavano alla moviola gli episodi contestati di Milan-Roma: sullo stesso fallo da rigore ho sentito tre interpretazioni diverse della regola. A questo punto meglio che sia l’arbitro a spiegare il perché delle sue decisioni».
Ma è possibile farlo quando ci si rivolge ad un pubblico di tifosi, che per definizione si sentono sempre derubati?
«Il basket ha mediamente un pubblico più tranquillo e conoscitore degli aspetti tecnici del gioco, ma i tifosi urlanti li abbiamo anche nei nostri palazzetti. Penso che il calcio diventerebbe uno sport ancora più bello se, da Blatter in giù, si creasse un movimento di opinione per avere a bordo campo un quarto uomo con la tivù e la possibilità dell’instant replay. Giocatori e pubblico sarebbero meno nervosi».
Tornando al basket italiano, la base degli arbitri è d’accordo con questa svolta mediatica?
«Sì. Qualcuno temeva di non avere la dialettica necessaria in televisione, ma per quello che si è sentito il problema non esiste. Mi sembra un ottimo servizio per gli appassionati veri, quello di spiegare una regola. Cicoria con l’interferenza a canestro in Supercoppa, i due falli antisportivi in Varese-Milano o anche il fresco esempio del quinto fallo fischiato a Moss in Biella-Virtus Bologna: l’arbitro può vedere male, è un essere umano, ma può sempre spiegare perché ha preso una determinata decisione. Detto questo, da quando è stato introdotto l’instant replay il 95% delle decisioni analizzate si è rivelato corretto».
Si arriverà mai all’arbitro che si trasforma in moviolista della sua stessa partita?
«Difficile, vista la quantità di decisioni controverse che si prendono durante i 40 minuti. Però io sono a favore dell’uscita dal grigiore, non solo per quanto riguarda le divise. Con Sky abbiamo trovato un’ottima collaborazione, tanto è vero che potremmo partecipare ad una trasmissione dedicata solo ad arbitri e regole in vista del prossimo Basket Day».
La NBA ha vietato agli addetti ai lavori, giocatori compresi, l’uso di cellulari e dispositivi elettronici da 45 minuti prima delle partite fino alle conferenze stampa del post. Lei qualche settimana fa è passato per nemico di Facebook...
«Potrei fare la battuta che è stata la Nba a copiare noi, ma qui il problema è diverso.

Un arbitro come cittadino è libero di avere rapporti con chi vuole, ma se va su Facebook e mette fra i suoi amici magari 30 giocatori e 4 allenatori come dovrebbero sentirsi gli esclusi? Insomma, è solo una questione di intelligenza. Sì alle spiegazioni, no alle discussioni da bar».

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