L’INTERVISTA MANAGER

«Sono un forzato del lavoro, come tutti - dice il Massimo Lolli manager -. Nessuno oggi sceglie di lavorare tanto. Piuttosto, o lavori tanto o non lavori per niente. La carriera è come il mangiadischi o i dischi di vinile: evocano un’epoca, ma non ci sono più. Sono determinato al raggiungimento degli obiettivi, leale, corretto integro, per i colleghi, un duro dal cuore tenero. Sono manager dall’85, è la seconda cosa che preferisco. La prima è vincere all’Enalotto una cifra considerevole, chiudermi in un tempio shaolin e diventare campione di kung fu. Quando ti prendi a mazzate è meraviglioso».
Tre consigli per non essere mai licenziati.
«Lavorare nel pubblico. Unire il merito all’affiliazione. Saltare dal treno lanciato verso il baratro. In questo momento di crisi è meglio dimostrare, farsi vedere, che starsene buoni in attesa che il momento migliori. E, in Italia, meglio stare anche simpatico al capo».
Tre consigli per essere immediatamente assunti o comunque fare colpo a un colloquio di lavoro.
«Disinvoltura senza sicumera. Immagine senza ostentazione. Intervistare l’intervistatore, riassumere le sue risposte, confermare i suoi pregiudizi».
Come si riconosce un imprenditore affidabile?
«È ossessionato dall’idea di innovare il prodotto che fa».
Che cos’è la crisi?
«Secondo i manuali di economia, un’opportunità. Speriamo che quella che stiamo vivendo non sia l’ultima opportunità. Per il manager la crisi ha due facce: da un lato l’azienda gli impone di fare meglio e affrontare la situazione da leader, il che richiederebbe serenità d’animo e libertà d’azione. Dall’altro questo è il momento in cui il manager teme per la propria sorte e la sua performance potrebbe risentirne. Per chi fosse già stato estromesso dal mondo del lavoro il principio da applicare è quello della “tentata vendita”: non rispondere soltanto agli annunci di lavoro, ma cercare anche di coprire tutta la domanda esistente, inviando curriculum a tutte le aziende che potrebbero avere posizioni adatte».
La soluzione alla crisi in tre step aziendali.
«Uno: mettere subito tutta la crisi sul tavolo. Due: assuefarsi in cinque secondi all’orrore scodellato sul tavolo. Tre: ora che tutto il peggio è noto e visibile, trasformarlo in delizia».
L’identikit professionale dell’italiano in crisi?
«Tutti tremano. Al tremore, le mogli pensano che l’uomo della loro vita non era una specialty, ma una commodity. Prima del 1992 tremavano solo gli operai. Dopo, anche impiegati e dirigenti».
Che cos’è l’economia?
«La strada da prendere per andare dove vogliamo andare».
E la finanza?
«Le provviste durante il viaggio».
Crede ancora nella Borsa?
«Credo fermamente che torneremo a crederci. La fiducia è il motore dell’economia».
La migliore forma di investimento in questo momento storico-economico?
«Per i catastrofisti, case e terreni. Per i furbi, le azioni».
Le fa paura la Cina?
«Bruce Lee, insuperato maestro di arti marziali cinesi, disse che in un combattimento non vince il più forte, ma quello che non ha paura».
La merce che non conoscerà mai crisi?
«I beni primari».
La merce caduta in crisi irreversibile?
«Nessuna. Ci sono solo velocità di caduta diverse.

Cadono a gran velocità i beni durevoli, seguiti dai semidurevoli, seguiti dai primari».
Chi è Andrea Bonin, il manager che rimane senza lavoro protagonista del suo ultimo romanzo?
«Un uomo che pensa che deve farcela da solo, perché la società è morta».

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