L’intervista «McCain a noi ebrei dà più garanzie»

Sbilanciarsi, non si sbilancia. Moishe Smith pesa una a una le parole: «Entrambi i candidati sono affidabili. Noi abbiamo lavorato con presidenti democratici e con presidenti repubblicani, manterremo ottime relazioni, speriamo, anche con chi stanotte vincerà la battaglia del voto». Poi, però, aggiunge una frase sibillina: «La storia di McCain è esemplare dal punto di vista del rispetto dei diritti umani». Non è un endorsement, ci mancherebbe, ma forse è il manifestarsi di una simpatia in controtendenza da parte dell’establishment ebraico. Smith non è un personaggio qualunque: lui, ebreo canadese, è a capo di organizzazione non governativa dal nome impronunciabile, B’Nai B’Rith International, ma autorevolissima, solidissima, come uno Stato, e presente con attività caritatevoli in mezzo mondo.
Mr Smith, qual è il ruolo dell’ organizzazione che lei presiede dal suo studio di Washington?
«Siamo nati nell’Ottocento per l’azione di dodici ebrei di origine tedesca. Oggi siamo presenti in più di cinquanta Paesi. E interveniamo quando accadono disastri, come lo tsunami o un terremoto, e sul fronte dei diritti umani: la nostra Ong è stata la prima a porre il tema, drammatico, del Darfur. Sia chiaro, aiutiamo tutti, senza distinzioni: ebrei, cristiani, musulmani, laici».
Quali sono le vostre strutture?
«Noi sfruttiamo il nostro network di volontari e amici sparpagliati nei cinque continenti, Italia compresa: duecentomila famiglie. E abbiamo uffici all’Onu, alla Ue, a Gerusalemme».
Ora siamo a un passaggio decisivo: l’elezione del prossimo presidente degli Usa. Lei è per Obama o per McCain?
Mr Smith ridacchia divertito. Si alza in piedi, nella saletta del Pirellone dov’è arrivato per incontrare Roberto Formigoni: scambia uno sguardo con il sottosegretario della Regione Claudio Morpurgo, avvocato e per un breve periodo Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, e con Paolo Foà, membro del Comitato esecutivo mondiale dell’ong, poi si concentra sulla risposta: «Ci stanno bene tutti e due».
Ma voi di B’Nai B’Rith International non siete stati contagiati dall’Obamania?
«Noi siamo attenti alle dichiarazioni e ai comportamenti di tutti e due i candidati. Obama e McCain hanno dialogato con noi, hanno inviato loro rappresentanti ai massimi livelli alle nostre assemblee, ci hanno pienamente soddisfatti».
Obama non rappresenta al meglio un’America multiculturale e più aperta?
«Obama va bene, ma la storia di McCain è esemplare dal punto di vista del rispetto dei diritti umani». E forse, McCain offre maggiori garanzie sul versante incandescente, per la comunità ebraica, della politica estera. Che per Israele vuol dire il cordone ombelicale con Washington che lo tiene in vita.
Lei la scorsa settimana era nella delegazione ebraica che è stata ricevuta dal Papa. Com’è stato l’incontro?
«Molto positivo.

I media enfatizzano la questione degli archivi di Pio XII. Quello è un problema, ma è sbagliato fissarsi sul punto. Al pontefice, invece, abbiamo assicurato aiuto e solidarietà davanti all’aggressione dei cristiani perseguitati in molti Paesi, a cominciare dall’India».

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