L’INTERVISTA ROBERTO VIVARELLI

Roberto Vivarelli, senese, 79 anni, è uno dei grandi storici italiani dell’età contemporanea, noto a Harvard e Oxford e per anni cattedratico alla Normale di Pisa. Profondo conoscitore del Novecento europeo, ha scritto molto sul movimento fascista e la guerra civile, che ha anche vissuto da protagonista: aderì giovanissimo alla Repubblica sociale per poi avviare nell’immediato dopoguerra una propria «ricostruzione» culturale e politica che lo ha condotto su posizioni molto lontane da quelle di partenza.
Professor Vivarelli, c’è chi giudica inopportuna la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, fra i quali monsignor Richard Williamson, sostenitore di tesi negazioniste.
«Credo che il gesto del Papa non sia solo legittimo, ma anche al di sopra di ogni sospetto: le ragioni che hanno indotto Benedetto XVI a ritirare la scomunica sono squisitamente di ordine teologico e non hanno nulla a che vedere con le opinioni personali di monsignor Williamson».
Un gesto legittimo ma equivoco, non trova?
«Guardi, l’equivoco si può sempre creare in questi casi, visto l’argomento ad alto tasso di emotività come la negazione dell’Olocausto. Ma cercare un nesso fra la revoca della scomunica e un possibile avallo delle idee del vescovo inglese mi sembra pura strumentalizzazione».
Non ritiene comunque necessario un gesto forte da parte delle gerarchie vaticane contro queste tesi, piuttosto che un messaggio del Papa chiarificatorio verso il mondo ebraico?
«Sì, potrebbe essere utile. Ma comunque mi sembra che in passato ci siano stati molti gesti da parte del Papa in questa direzione. La Chiesa in materia di Olocausto da decenni ha preso posizioni chiare ed esplicite, condannando in tutti modi quelle che erano le possibili ragioni dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, mostrando più volte solidarietà verso le vittime della Shoah. E glielo dice uno molto distante dal mondo cattolico... ».
Secondo il Centro Simon Wiesenthal la decisione del Papa di accogliere «un simile fomentatore di odio» come monsignor Williamson nella Chiesa offre credito morale a chi nega uno dei peggiori crimini della storia. Esiste davvero questo pericolo?
«Personalmente lo escludo. Da storico posso assicurare che nessuna persona di buon senso, né in ambito accademico né fuori, può negare una verità storica come quella dell’Olocausto, sostenuta da prove documentali e testimoniali schiaccianti. Chi lo fa, o è in malafede o ha dei fini politici. I negazionisti sono dei mascalzoni, o dei matti».
Ribadirlo in occasione del Giorno della memoria non sarebbe comunque utile?
«Nel modo in cui viene gestito, il Giorno della memoria non serve a molto.

Perché? Non invita affatto a una riflessione critica né ad approfondire la ricerca storica. È una manifestazione di pura retorica, che aiuta a sfogare l’emotività ma non ad aumentare la nostra presa di coscienza del problema».

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