Salvatore Niffoi, almeno durante le ferie riesce a staccarsi dalla sua amatissima Sardegna?
«Assolutamente no, non vado in vacanza dal 1973. Le dirò di più: in trent'anni sarò uscito dal mio paesino (Orani, ndr) per andare da un'altra parte dell'isola al massimo una ventina di volte. Parto solo per amore dei lettori. Vado in giro a fare presentazioni, ma quando vedo la gente sudare negli aeroporti mi vengono i brividi: ma chi glielo fa fare?».
Come mai quest'odio per i viaggi?
«Non mi appartiene il concetto dell'andare, mi dà l'idea della transumanza ovina. Soprattutto non amo le bolge, le ammucchiate generiche dove tutti fanno finta di divertirsi, come sgombri pressati in una scatoletta. Considero la vita una lunga vacanza meditativa, in cui imparare a convivere con la solitudine, riflettere sulla provvisorietà dell'esistenza. La vera vacanza per me è restare nel mio piccolissimo paese, che d'estate è ancora più bello. Mi considero un uomo cucciolosamente domestico».
Che cosa fa quando resta a casa?
«Mi piace camminare lungo i fiumi, nelle strade di campagna, ascoltare il silenzio, sdraiarmi la sera in terrazzo a contare le stelle. Amo l'ozio produttivo: stare in penombra a scrivere, dipingere, lavorare la ceramica, ascoltare musica. E amo la compagnia delle persone care. La più bella vacanza, alla fine, è quando tornano a casa i miei figli».
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