Nel background di Victor Gischler ci sono molti elementi che ne hanno fatto in pochi anni una stella del nuovo noir americano. Ha sfiorato più volte lEdgar e lAnthony Award, ha siglato fumetti di successo per la Marvel e Joe R. Lansdale sostiene che le sue storie «sono devastanti: fredde come il ghiaccio secco, piene di intrighi e di divertimento allo stato puro». E i suoi primi romanzi pubblicati in Italia da Meridiano Zero (La gabbia delle scimmie e Anche i poeti uccidono) confermano tale giudizio. Gischler scrive dialoghi fulminanti come quelli dei film di Tarantino o di un fumetto di Preacher di Garth Ennis, ha un talento innato per le scene dazione, una conoscenza del mondo criminale degna di Edward Bunker e unattitudine alla battuta che sembra scippata a Donald Westlake. La sua è una narrativa violenta e arrabbiata, ma allo stesso tempo scanzonata. «Mi ritrovo, in questa definizione - ammette lui -. È un accostamento un po innaturale, ma per me funziona benissimo: violento e arrabbiato per dare il tono e sottolineare i conflitti, scanzonato per renderlo digeribile».
Se dovesse definire il suo stile?
«Ci metto un po di tutto. Ci sono forti elementi di noir, ma spesso anche un happy ending. Tono e stile sono influenzati dalla tradizione hard-boiled... Cè sempre una dose di ironia e di satira. Mi piace pensare che il lettore ogni tanto sia costretto a chiedersi sta cercando di abbindolarmi?».
Come sceglie i suoi protagonisti criminali?
«Si sviluppano mano a mano che vado avanti. Si dice spesso che un cattivo ben disegnato non sa che è il cattivo. Nella sua testa lui è leroe della storia. Ha un suo programma, obiettivi e problemi da risolvere».
In Anche i poeti uccidono perché ha deciso di mostrare un lato così nero delle Università americane?
«Pensiamo spesso alle Università come a torri davorio isolate dal mondo reale. Ma il mondo reale sgomita per farsi avanti. Mia moglie insegna alla Louisiana State University, a Baton Rouge. Laltra mattina abbiamo sentito alla radio la notizia di un ragazzo morto cadendo da un edificio di sei piani. La polizia sospetta un suicidio. Il lato oscuro della vita ti può cogliere ovunque. Anche i poeti uccidono è stata una bella occasione di mettere alla berlina tutta la presunzione e il culto di sé che dominano nel mondo accademico. Ma non fraintenda: non sono contrario allUniversità (altrimenti non vi avrei insegnato per anni!). È solo che ci sono molti accademici troppo innamorati del suono della propria voce».
Come ha caratterizzato i protagonisti di questa storia?
«Ho preso tutti i personaggi che pensiamo di conoscere - un professore, uno studente, un investigatore, un gorilla - e ho cercato di deformarli o camuffarli in un modo interessante o inaspettato».
Ci parli del suo lavoro come sceneggiatore di fumetti.
«Quando avevo 8-9 anni con mio fratello scrivevamo lunghe storie a fumetti, io facevo i disegni, e le mandavamo alla Marvel. Mi fa ridere, tanti anni dopo, trovarmi a scrivere per la Marvel. Con Punisher e un episodio di Wolverine ho cominciato a scrivere i comics, ma in realtà è con il personaggio di Deadpool che ho trovato la mia vera strada. Lo adoro. La sfida principale era di non tradire le aspettative del lettore. Sarebbe stato sbagliato rinnovare quei personaggi. Per Punisher, in particolare, penso di aver introdotto una miscela di violenza macabra e humour nero che ha funzionato bene».
La gabbia delle scimmie e Go Go Girls of the Apocalypse stanno per diventare film?
«Per entrambi è già stato deciso il nome del regista, e per La gabbia delle scimmie è in corso la trattativa con una star di primo piano per il ruolo di Charlie Swift. Non posso rivelarne il nome o mi troverò uno stuolo di ninjas alle calcagna per farmi fuori».
È vero che la sua carriera è incominciata quando alle elementari ha consegnato alla maestra un folle racconto horror-noir?
«Avevo scritto la storia di un detective che indaga su dei ladri di merendine nani. La fine era straordinariamente sanguinosa. Ero già marchiato. Non mi potevo salvare».
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