L’ipocrita indignazione su Ciarrapico

Caro dottor Granzotto, come la mettiamo con Ciarrapico? Ha visto la reazione della sinistra? Io penso che simili scelte siano controproducenti e non vorrei che poi finissero per favorire Veltroni. Lei cosa ne dice?


Questo le dico, caro Bottini: se mai mi fosse venuta la fregola di disertare le urne il prossimo 14 aprile, il cancan attorno a Giuseppe Ciarrapico me l’avrebbe fatta passare come per incanto. Perché, dopo il suddetto cancan, dopo la suddetta gazzarra, votare il Ciarra lo considero un dovere. Morale. Basta, non se ne può più di questa ipocrita indignazione, non se ne può più di queste tartufesche «emergenze democratiche». A Ciarrapico piace il Duce? E vabbé, che sarà mai quando dall’altra parte della barricata ce ne sono ai quali continua a piacere Baffone. Mica è vietato. Mica per questo deve scattare l’«emergenza democratica», che caso mai va riservata alla monnezza, alla criminalità, alle tasse che ci strangolano. Ma possibile che se uno pronuncia la parola comunismo quelli saltano su come dei misirizzi strillando che il comunismo non c’è più (e che gratta gratta nessuno è mai stato comunista, nemmeno il buon Veltroni), ma appena sentono nominare Mussolini (morto da sessant’anni) si fanno venire le convulsioni? E attaccano col tritume dell’antifascismo facendoceli talmente a peperino da indurre quell’anima santa del Cavaliere a chiarire, pro bono pacis, che lui il 25 aprile non lo ha cancellato dal calendario ed anzi? Be’ vuol sapere una cosa, caro Bottini? La canea scatenata contro Ciarrapico mi ha fatto ricordare che io invece sì, il 25 aprile non so nemmeno quando cade e ancor meno cosa festeggia. Sono vent’anni che ho chiuso con l’antifascismo e la sua insopportabile, verbosa, stucchevole retorica. Le sue cerimonie, la sua liturgia, le sue commemorazioni dell’epopea partigiana. Se i miei nipoti (quando verranno. Sveglia, figliuoli, datevi una mossa, ché il piatto piange) mi dovessero mai chiedere: «Nonno, cos’era il fascismo?» glie la racconterò così: il fascismo era quella cosa dove tutti erano felici e contenti perché i treni arrivavano in orario, mica come oggi. E se poi insistessero chiedendomi cos’era la Resistenza, gli risponderò: gente che stava inguattata su in montagna e che ogni tanto scendeva a valle, accoppava qualche tedesco per subito tornare a imboscarsi lasciando che a pagare il loro eroico gesto fossero i civili.
Mi stupisco di Gianfranco Fini. Va bene che è impegnato nella defascistizzazione della propria immagine, ma sobbalzare per un Ciarrapico! Con gente che non fece una piega quando il Migliore candidò Moranino! Che mette in lista Miro Crisafulli! E quei Franceschini che parlano di PdL in camicia nera? Come se per aver candidato qualche gay il Piddì fosse diventato un partito pederasta o per aver candidato coso, come si chiama?, Calearo, ecco come si chiama, fosse diventato il partito della Confindustria, del padron dalle belle braghe bianche.

Creda a me, caro Bottini, per quanti ne hanno le tasche piene del tormentone politicamente corretto il Ciarra è una mano santa. Perché, eleggendolo a senatore, consente di bellamente irridere il trombonismo antifascista con tutti i suoi tromboni. Mai stati tanto provvidenziali, i ludi cartacei.

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