Gian Micalessin
da Amman
Sarà il Ramadan. Sarà l'ebbrezza d'una conferenza davanti a quattromila studenti sul «Mondo senza il sionismo». Sarà l'entusiasmo delle ragazze avvolte nello chador dalla testa ai piedi che l'acclamano entusiaste. Sarà la rabbia dei ragazzi con la testa fasciata di verde e i versetti coranici sulla fronte che implorano la «Morte all'America e a Israele». Fatto sta che questa volta Mahmoud Ahmadinejad non si trattiene. Il presidente pasdaran, l'ex sindaco di Teheran che sognava di trasformare ogni piazza della capitale in un santuario per i martiri della rivoluzione, questa volta butta la sordina e suona la sua musica preferita. Sveste il manto da colomba, indossato dopo l'elezione a presidente dello scorso giugno, e riprende il suo volo di falco della rivoluzione islamica. Si abbassa sulla platea. Tende l'orecchio alle grida di studenti e studentesse. Chiede di sentire più forti e chiare le loro voci. Non appena l'anfiteatro riecheggia in un unico boato contro lo Stato sionista e la potenza americana lo zittisce e prende la parola. Spiega - per la prima volta da presidente - come la pensa. Senza omissioni, senza ritegno, senza pudori.
«Come ci ha insegnato l'imam (Khomeini), Israele deve essere cancellato dalla carta geografica». Non pago di questo salto all'indietro nella retorica degli anni caldi della rivoluzione, Ahmadinejad rinverdisce il pensiero di Khomeini, lo attualizza collegandolo al ritiro da Gaza e alla condotta dei Paesi arabi moderati sospettati di eccessiva compiacenza nei confronti d'Israele. Per lui quel ritiro è soltanto l'ennesimo complotto. «Un trucco inaccettabile» che non può servire ad arrestare la lotta contro «l'entità sionista». Quasi obbligato arriva, subito dopo, l'attacco a tutti i Paesi arabi moderati disposti, dopo il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, a riconoscere e allacciare relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele. «Se qualcuno di questi Paesi deciderà di riconoscere il regime sionista sotto la pressione del sistema egemonico o per semplice egoismo, brucerà nelle fiamme accese dalla rabbia islamica».
Non contento Ahmadinejad si lancia in una bellicosa visione profetica. «Gli scontri nella terra occupata sono parte di una guerra segnata dal destino. Il risultato di secoli di scontri si deciderà nella terra di Palestina». Come dire, insomma, che lo scontro con Israele non rappresenta soltanto la lotta del popolo palestinese per la propria terra, ma simboleggia l'inevitabile contrapposizione tra islam ed ebrei. E non solo. Nell'Ahmadinejad pensiero, distillato delle idee ancora in voga nei circoli ultraconservatori della Repubblica islamica, la nascita d'Israele è solo una tappa della guerra con l'Occidente. «La creazione del regime sionista è stata una mossa studiata dagli oppressori contro il mondo islamico», spiega agli studenti estasiati. Il discorso avviato con una tirata contro Israele si trasforma progressivamente in un pensiero di globale contrapposizione con l'Occidente e con tutti gli Stati arabi moderati. Nelle parole di Ahmadinejad lo scontro tra Occidente e islam «si protrae da secoli. Qualche volta l'islam ha segnato una vittoria. Qualche volta lo scontro si è concluso senza vincitori. Sfortunatamente negli ultimi trecento anni la nazione islamica sembra in ritirata. L'ultima difesa è caduta quando l'oppressore ha dato vita al regime sionista usandolo per penetrare nel cuore del mondo musulmano».
In molte capitali occidentali le parole di Ahmadinejad hanno suscitato un immediato allarme. Secondo molti osservatori è la conferma di come la rottura dei negoziati sul nucleare con «i tre grandi europei» (Londra, Parigi e Berlino) rappresenti una scelta strategica nell'ambito di un processo rivolto alla contrapposizione frontale. E così mentre Berlino definisce inaccettabili le parole di Ahmadinejad, Parigi le condanna «con la più grande fermezza» e subito dopo convoca l'ambasciatore iraniano per ottenere spiegazioni. La Casa Bianca, invece, coglie al volo l'occasione per riconfernare i timori sulle ambizioni nucleari di Teheran. «Le sue dichiarazioni confermano semplicemente ciò che abbiamo sempre detto sul regime iraniano», dichiara il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan. La reazione più dura arriva da Israele colpita ieri da un attentato rivendicato dalla Jihad Islamica, il gruppo armato più vicino a Teheran.
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