L’irresistibile ascesa del «made in China»

Rita Smordoni

L’invasione dei prodotti cinesi, nella capitale, è ormai inarrestabile. Secondo i dati diffusi ieri dall’europarlamentare Roberta Angelilli e dal consigliere comunale Luca Malcotti, entrambi di An, tra gennaio e settembre dello scorso anno a Roma sono stati importati prodotti cinesi per 362 milioni di euro, mentre le esportazioni dalla capitale verso il gigante asiatico si sono arrestate a 34,6 milioni. E la tendenza per il 2006 non promette nulla di buono. Articoli di maglieria, tessuti e pellicce sono i prodotti «made in China» più importati nella capitale (165,3 milioni di euro), seguiti da elettrodomestici e accessori per la casa (51,9 milioni), apparecchi per la telefonia e strumenti ottici (41,7 milioni), borse e calzature (27,6 milioni), gioielli, bigiotteria e orologi (14,3 milioni).
«I prodotti cinesi hanno invaso il mercato romano - denuncia la Angelilli - grazie a una politica di concorrenza sleale senza precedenti. Le merci sono infatti a basso costo perché vengono realizzate senza alcun rispetto per i diritti umani, con salari irrisori, senza garanzia per la sicurezza dei consumatori, spesso impiegando manodopera minorile. Molto spesso, poi, le merci sono contraffatte, incentivando così un mercato che finanzia organizzazioni criminali e che danneggia indirettamente le aziende italiane e romane».
Oltre al tessile, all’abbigliamento e alle calzature, che costituiscono ormai un’emergenza europea, cresce anche l’importazione di prodotti che costituiscono un rischio per la salute. Da gennaio a settembre 2005, infatti, i giocattoli importati dalla Cina a Roma hanno raggiunto un volume di affari pari a 5,7 milioni di euro, mentre i prodotti alimentari (pasta, fette biscottate e biscotti) sono arrivati a quota 1,5 milioni di euro.
«Il fatto grave - dichiara Malcotti - è che oltre a prodotti con l’etichetta “made in China”, vengono importati anche quelli che servono per la lavorazione di altri alimenti, come i grassi vegetali e animali. In questi casi il consumatore non ne conosce affatto l’origine». Le new entry sono rappresentate, per il 2005, dagli agrumi e dal sale. «Abbiamo chiesto alla Commissione europea di intervenire, per difendere la produzione e il lavoro in Europa e in Italia», informa l’europarlamentare Angelilli, mentre Malcotti punta il dito sulle responsabilità dell’amministrazione capitolina, che ha consentito l’invasione delle merci cinesi senza alcun controllo, «soprattutto in alcuni quartieri romani, come l’Esquilino, dove si smerciano prodotti illegali, contraffatti e pericolosi». «Serve un piano di commercio straordinario contro l’abusivismo e la contraffazione, - dichiarano i due esponenti di An - ma il Campidoglio, con le belle parole sulla società multietnica, non ha il coraggio di prendere queste misure».
An, ormai da settimane, ha lanciato una campagna di informazione tra i consumatori con l’ausilio di un «Vademecum all’acquisto consapevole». Numerosi stand sono stati allestiti davanti a mercati e centri commerciali per spiegare i pericoli a cui si va incontro acquistando merci cinesi contraffatte. L’opuscolo aiuta a riconoscere la provenienza dei prodotti, scongiurando così l’acquisto di merci con prezzi troppo bassi, che non danno garanzie di qualità e spesso sono dannose per la salute. Mai acquistare, per esempio, medicinali, cosmetici o profumi venduti abusivamente: possono essere gravemente nocivi.

La raccomandazione vale anche per i giocattoli, che potrebbero essere stati confezionati con sostanze pericolose e allergiche, e che se messi in bocca potrebbero rilasciare sostanze molto tossiche o addirittura cancerogene. Ogni prodotto, inoltre, deve riportare il marchio CE (Conformità Europea) a garanzia dei consumatori.

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