«L’istituto mi nega il diritto delle 27 ore»

«L’istituto mi nega il diritto delle 27 ore»

Sono la mamma di un bambino che dovrebbe iniziare domani la seconda elementare all’Istituto Comprensivo di Cogoleto. Il giorno 8 luglio 2005 presento domanda al preside per usufruire, secondo la legge, del tempo scolastico minimo di 27 ore. Devo fare domanda su un semplice foglio di carta perchè la scuola non ha approntato la necessaria modulistica per la scelta del tempo scolastico e si è ben guardata dall’informare i genitori del diritto di scegliere 27, 30 o 40 ore, secondo le esigenze e le scelte educative familiari. Faccio protocollare la domanda e vengo trattenuta per oltre mezz’ora nello studio del preside, Prof. Benedetto Maffezzini, che mi fa pressione perchè ritiri la domanda. Non la ritiro perchè sono decisa a portare avanti i miei diritti-doveri di genitore, responsabile e conscio delle scelte educative per mio figlio.
Da allora silenzio. Martedì 13 settembre, avendo sentito che una delle maestre aveva detto da giorni che l’orario scolastico per il prossimo anno era lo stesso dell’anno precedente, mi reco in segreteria per avere notizie. Avevo chiesto che le 27 ore venissero organizzate in modo da permettere di esercitare questo diritto, mio e di mio figlio, nel rispetto della continuità didattica e del bambino. Il preside mi invita a «pazientare» e dichiara di non poter ancora comunicarmi l’orario e cerca nuovamente di farmi ritirare la domanda delle 27 ore. Venerdì 16, ore 13. Mi telefona il preside dicendo che l’orario delle ore opzionali è: martedì, ore 13.20-14.50 (la scuola poi prosegue fino alle 16.20) e giovedì, ore 10.20-11.50 (la scuola prosegue poi fino alle 16.20). Resto allibita. Chiedo per iscritto di avere comunicazione scritta dell’orario che mio figlio dovrà seguire da domani. Ieri, ore 9. Mi presento in segreteria. Il preside è assente, nessuno sa se arriverà. Gli addetti di segreteria mi comunicano che il preside ha lasciato detto che mi fornirà l’orario scritto non prima di domani, primo giorno di scuola. Mi trovo con un bimbo di neppure 7 anni che lunedì dovrà andare a scuola, senza sapere quale sarà il proprio orario. Se non recederò dal proposito di esercitare il mio diritto il bambino ne subirà un grave danno educativo e psicologico.

Le sue maestre e il preside, cui egli vuole bene e pensa che gliene vogliano altrettanto, hanno deciso di giocare sulla sua pelle, in aperto disprezzo di tutti i principi educativi e pedagogici. Come fanno a chiamarsi educatori, insegnanti, maestri? Come si fa ad imporre ad un bambino una simile via crucis? Esiste qualcuno che tuteli i diritti dei bambini, un sindacato che levi il suo grido a loro difesa?

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