L’ITALIA CHE CAMBIA

Il day after dell’accordo di Pomigliano si accende con i toni incendiari degli «esclusi» Fiom. Ma i duelli verbali non si esauriscono nell’attacco del sindacato dei metalmeccanici della Cgil alle altre sigle, «ree» di aver sottoscritto l’accordo che lo esclude, e alla Fiat. Coinvolgono, inevitabilmente, anche il fronte politico, con le divisioni più evidenti all’interno del Partito democratico, spaccato su Pomigliano tra chi plaude all’accordo e chi manifesta contrarietà, anche se a essere stigmatizzata è appunto la questione della mancata rappresentanza sindacale nell’azienda della sigla che non ha firmato il contratto.
Spiazzata dal consenso piuttosto ampio e trasversale raccolto dal nuovo contratto per la «newco» di Pomigliano (che per il ministro del Welfare Sacconi è «pragmatico e non ideologico», e che un documento di parte del Pd, firmato tra gli altri da Sergio Chiamparino e Stefano Ceccanti, promuove con «un sì chiaro e tondo», mentre il segretario Bersani da un lato sposa il contratto e dall’altro chiede di non tagliar fuori la Cgil) proprio la Fiom-Cgil alza i toni della polemica. Spostando l’attenzione e l’epicentro delle proprie critiche dai caposaldi dell’assetto contrattuale in sé al «fatto gravissimo» del via libera da parte di Cisl, Uil e Ugl «a un accordo che esclude un’organizzazione sindacale», un’intesa «che impedisce alle lavoratrici e ai lavoratori di poter eleggere i propri delegati», come dice il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, che anche nel merito vede «un peggioramento secco delle condizioni di lavoro».
Gli altri sindacati, tirati pesantemente in ballo, difendono invece il valore di un contratto che «porta occupazione e soldi» (Uil e Cisl) e ribadiscono che «le sigle che hanno firmato mercoledì con Fiat sono tutte rappresentative» (Ugl). La reazione più dura all’attacco Fiom arriva però dal responsabile relazioni istituzionali della Fiat, Ernesto Auci. Che ribatte a Landini che il suo sindacato «conduce da anni una lotta epica contro la Fiat» per acquistare «purezza rivoluzionaria». Per Auci, Landini si è «messo in una posizione assurda, autoescludendosi dalla trattativa», come Cgil e Fiom fanno «da anni». L’accusa di ideologismo riaffiora nelle parole del deputato del Pd Francesco Boccia, che ritiene «una regressione culturale» tornare «a parlare di “padroni” a causa dell’accordo Fiat su Pomigliano», e definisce «eroi moderni» gli imprenditori, mentre il portavoce del Pdl Capezzone trova «grave che le posizioni di retroguardia giochino sulla pelle dei lavoratori».
C’è davvero un «clima di guerra», come osserva preoccupato il senatore Pd Franco Marini, ex storico segretario della Cisl, che promuove l’accordo e chiede di abbassare i toni.

Ci prova Confindustria, aprendo la porta agli esclusi con il vicepresidente Alberto Bombassei: «Siamo pronti a un nuovo accordo con Cgil, Cisl e Uil sulla rappresentanza sindacale». Ma a soffiare sul fuoco c’è Di Pietro. Per il leader Idv a Pomigliano s’è violata la costituzione: «Incontrerò Landini per concordare la costruzione di un fronte di resistenza».

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