La frenata cè stata. E forte. Nel 2009 il Pil italiano è sceso del 4,9% (-0,2% nel quarto trimestre), il dato peggiore dal 1971. Ma la crisi ha colpito lintera euro zona, appesantita da una contrazione del 4%. I dati diffusi ieri da Istat ed Eurostat fotografano insomma una situazione di estrema debolezza, mentre le prospettive per lanno in corso rimandano a una crescita fiacca su cui va ora anche innestata la variabile Grecia.
Il punto centrale sembra questo. Tassi di sviluppo tra luno e il 2% condannano lEuropa a sentire presto sul collo il fiato dei Paesi emergenti. «Con ritmi di crescita così bassi - spiega Fabio Pammolli, direttore del Cerm - sono necessari 70 anni per raddoppiare la ricchezza e il reddito pro capite. Il rischio per lEuropa è di andare verso un modello di sviluppo che non promuove emulazione, ma invidia, con pericoli per la coesione sociale».
Il Pil italiano, dopo la battuta darresto del 2009, è però tornato ai livelli del 2002. Colpa dellinerzia del governo, come accusa il centrosinistra? No, secondo Pammolli, se si considera lo stato dei nostri conti pubblici. «Senza la manovra dellestate 2008 ci saremmo trovati in una situazione assai critica. La valutazione di rischio intermedio data in autunno dallEcofin al nostro debito ha qualcosa di miracoloso. Ma proprio questa disciplina fiscale ha impedito lallargamento degli spread sulle emissioni della Repubblica». Questa strada virtuosa non va abbandonata, anche perché «è difficile realizzare una crescita elevata se la spesa supera il 50% del Pil». Il caso-Grecia può dunque essere salutare se porta a un maggiore rigore fiscale e alla presa di coscienza che «la politica del deficit spending non è stata un moltiplicatore per la crescita».
Pur con margini di manovra ristretti, il governo ha comunque affrontato unarea di forte criticità come quella occupazionale. «In questi mesi il ministro Sacconi - spiega Pammolli - ha svolto unazione positiva. La riforma storica della contrattazione, con un aumento del decentramento delle trattative, ha evitato unemorragia di posti, soprattutto al Sud. E anche il ricorso alla Cig ha garantito la tenuta tra capitale e lavoro». Restano però i nodi di alcuni siti produttivi meridionali, come Termini Imerese.
LItalia chiude in frenata il 2009: Pil giù del 4,9%
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