L’Italia con la crisi sciopera di meno

Nel 2009 il numero totale delle ore non lavorate per sciopero si è dimezzato. Il sistema degli ammortizzatori sociali posto in essere dal governo ha generato un clima di serenità, che ha ridotto le contestazioni sindacali, nonostante il periodo difficile, in cui ci potevano essere problemi di licenziamento e di chiusura di imprese. E anche per i rinnovi contrattuali non ci sono stati molti scioperi. Così le ore di sciopero, secondo l’Istat, sono state di 2 milioni e mezzo contro i 5 milioni dell’anno prima.
Quanto ai salari, salgono di più del costo della vita. Infatti le retribuzioni contrattuali nazionali che sono la componente principale dei salari ma non l’unica, a febbraio hanno registrato un aumento del 2,1% rispetto a febbraio 2009. Nel primo bimestre, l’aumento sul primo del 2009 è del 2,2%. I prezzi in febbraio sono aumentati dell’1,1%, rispetto al febbraio 2009. Dunque la domanda di consumi può avvalersi d’un sostegno, dato dal fatto che le retribuzioni contrattuali aumentano più dell’inflazione. Ciò compensa la flessione dell’occupazione di circa un 1% e fa sì che la ripresa possa contare non solo sulla domanda estera e su quella pubblica, ma anche sulla tenuta della domanda interna.
Il fatto che i salari unitari salgano più dell’inflazione può creare dei problemi alle imprese, nella competizione con le imprese estere. In alcuni settori, molto sensibili alla concorrenza internazionale, come tessile-abbigliamento e pelli e cuoio, l’incremento dei salari a febbraio è del 3,9%, quasi il doppio della media del 2,1%. Ne desumo che occorrerebbe occuparsi nell’immediato dei costi del lavoro delle imprese, ad esempio colla detrazione dell’Irap sui costi del lavoro dall’imposta statale sul reddito di impresa. Ciò che prospetto non è uno «sconto», ma la correzione di una anomalia, generata dalla sinistra, che ha introdotto l'Irap, sul costo del lavoro al posto del contributo sanitario, con un peso equivalente. Ma mentre il contributo sanitario si detraeva, come costo, dal reddito di impresa, ciò non accade per l’Irap sul costo del lavoro. Ciò genera per le imprese un onere addizionale improprio dell’1,7%. In un sistema federalista, sarebbe bene chiamare le cose con il proprio nome e trasformare l’Irap sul costo del lavoro in contribuito sanitario regionale detraendolo dall’imposta statale sul reddito di impresa.
Secondo l’Istat, proiettando su tutto l’anno 2010 le variazioni contrattuali previste dai contratti di lavoro in essere a febbraio, si ha un aumento annuo delle retribuzioni dello 1,6%. Poco? Attenti, perché si tratta d’una media che trae in inganno. Infatti, come spiega l’Istat, una parte dei contratti di lavoro, in particolare tutti quelli della Pubblica amministrazione, sono scaduti. E in attesa di nuovi contratti, in questi settori non ci sono aumenti. Il fatto che durante quest’anno ci siano molti rinnovi contrattuali consentirà di fare una scelta importante, fra contrattazione di primo livello, quella nazionale e di secondo livello, cioè quella regionale e locale e la aziendale. La contrattazione regionale-locale è espressione del federalismo contrattuale e va orientata per tenere conto del diverso costo della vita e delle diverse condizioni di competitività e produttività delle diverse regioni. La contrattazione aziendale dovrebbe mirare a premiare l’impegno alla qualificazione professionale e la produttività, negli impieghi privati e pubblici. Il sindacato che si dedica a queste contrattazioni è molto più vicino alla realtà del lavoro e dell’azienda, che il sindacato nazionale, fatto di funzionari spesso politicizzati.

E un analogo discorso vale per i rappresentanti sindacali dei datori di lavoro. Il 2010 può essere un anno importante per la contrattazione di secondo livello per legare di più i salari alla produttività e immettere aria nuova nelle politiche del lavoro e nei loro protagonisti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica