L’Italia ha paura e torna al modulo Lippi

Donadoni: «Del Piero? Una scelta ragionata». «Temo Sheva, non segna da troppo tempo». Poi ammette: «Ho pensato di dimettermi»

Claudio De Carli

nostro inviato a Coverciano
«Scusate il ritardo», ha detto Roberto Donadoni, però non si riferiva a quello dell’Italia nel girone di qualificazione all’Europeo, ma alle convocazioni: «Le ho date all’ultimo momento, volevo sbagliare meno possibile. Prima ho visto Cassano con il Real, poi il Palermo a Verona. Paura della contestazione romana a Cassano? No, non ho fatto scelte geopolitiche nelle convocazioni, le probabilità che l’Olimpico lo contestasse erano al venti per cento, Cassano aveva un piccolo problema muscolare, se aveva già le valigie pronte mi dispiace, per lui e per Gilardino le porte restano aperte. Del Piero non è stata una scelta tormentata, ma ragionata. Totti? A Napoli eravamo andati per celebrare Cannavaro e Roma era stata organizzata anche per lui. Il modulo? Qualche idea c’è ma è ancora troppo presto, intanto tutti avranno un mese in più nelle gambe».
Staranno insieme dieci giorni, lui e i 25 convocati, li attendono due partite fondamentali, il ct sa che si gioca molto o forse tutto, ma non sembra terrorizzato: «Quando arrivarono le dimissioni di Rossi – rivela - anch’io rimisi il mio mandato al presidente del Coni, Petrucci».
Tra i 25 convocati ci sono 19 reduci del Mondiale tedesco, l’idea che si fa largo è che sia arrivato il momento delicato della qualificazione - 7 ottobre a Roma contro l’Ucraina e 11 ottobre a Tbilisi in casa della Georgia - e Donadoni stia pensando intensamente a quel gruppo fantastico di calciatori che ha vinto e al modulo che li ha fatti vincere. Ha convocato per la prima volta Del Piero, ha rinunciato a malincuore a Totti, la vera novità è il centrocampista della Lazio, Mauri, ieri con il sampdoriano Delvecchio a spiegare quanto sia grato a tutto il mondo per questa chiamata azzurra. «Shevchenko mi preoccupa – riflette il ct - quando resta a digiuno un po’ di tempo, poi diventa decisivo». Gli azzurri stanno tutti bene, il solo Grosso, uscito per un dolore all’inguine durante Cagliari-Inter, oggi effettuerà una risonanza magnetica.
Detto che da Milano il gruppo degli interisti Grosso e Materazzi, più quello dei milanisti Nesta, Inzaghi, Pirlo e Gattuso, più quello laziale, Oddo e Mauri, si è presentato per ultimo per un ritardo causato dall’Eurostar, al raduno c’era anche il commissario Pancalli, sereno e ottimista su tutto, buon per lui: «Dico che non sono preoccupato, la situazione è difficile ma non drammatica – precisa subito senza riferirsi alla qualificazione per l’Europeo -. Io sono fiducioso altrimenti non mi sarei imbarcato in questa aventura. Anzi vi dirò che ora comincio anche a divertirmi, si può fare bene nel mondo del calcio».
Qualcuno ha buoni motivi per farlo divertire un po’ meno e glieli elenca: De Santis, Inter, pedinamenti, che cosa ne pensa? Il commissario, che non fa il tifo per alcun club, risponde di getto: «Della grana dell’Inter non se ne sentiva l’esigenza. È la squadra scudettata e questo crea imbarazzo. L’autorevolezza di Borrelli è una garanzia, lasciamo lavorare l’ufficio indagini, preferisco non commentare i percorsi della giustizia». E sugli sconti nelle penalizzazioni: «Posso solo dire che la federazione manterrà la linea che l’ha caratterizzata in tutti i gradi di giudizio».
Subito dopo si è fermato a lungo a parlare con gli azzurri. Situazione apparentemente calma, peraltro è stato raggiunto l’accordo per il premio della vittoria nel mondiale, 250.000 euro a testa netti, ma altri pensieri agitano i sonni dei calciatori. Ne parla l’avvocato Sergio Campana: «I club premono per il cambiamento dello status di calciatore, da lavoratore subordinato ad autonomo. Ma non ci sarebbe alcun vantaggio economico per le società.

Ho poi sentito tante sciocchezze – continua Campana - anche che in serie C i giocatori sarebbero strapagati, invece il 97 per cento di loro è al minimo di stipendio».
Il raduno della nazionale era solo al primo giorno.

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