L’Italia laboriosa teme di uscire dall’Europa

Claudio Romiti

Una folla immensa ha inondato sabato scorso le vie di Roma. Un popolo di laboriosi cittadini, tradizionalmente restii a scendere in piazza, ha voluto dare un forte, concreto segnale politico. Un popolo che rappresenta quella storica maggioranza silenziosa che questa volta ha voluto far sentire con grande determinazione la propria presenza. Il momento è particolare. Il Paese si trova, anche grazie al lavoro svolto nella precedente legislatura, ad un passo da un grande e duraturo rilancio economico. Ma la dissennata filosofia di una coalizione che sa solo aumentare il prelievo fiscale sta mettendo in discussione tutto ciò, con il rischio di ripiombare in quella stagnazione che gli eventi straordinari dell’11 settembre ci hanno costretto a subire per almeno un lustro. Anche il mese di novembre ha fatto registrare un boom sul piano delle entrate tributarie; ciò nonostante il governo Prodi continua a parlare di emergenza nei conti pubblici, giustificando in tal modo la rapina legalizzata commessa ai danni degli italiani sotto forma di una Finanziaria impresentabile.
Eppure, se tanto mi dà tanto, si poteva scegliere la strada di una manovra leggera, permettendo in tal modo alla nostra economia in ripresa di apportare un indiretto beneficio al bilancio dello Stato. In tal modo, cercando di operare maggiormente sul piano di un modesto contenimento della spesa, si sarebbe permesso al sistema di beneficiare delle riforme impostate dalla Casa delle Libertà. Riforme che, principalmente sul piano fiscale e su quello del mercato del lavoro, stanno facendo sentire solo ora il loro effetto talpa. Ovvero, così come accade nell’ambito di sistemi economici complessi, un effetto positivo che ha bisogno di un certo tempo di gestazione per manifestarsi. Invece l’Unione, sempre più ostaggio dell’ultrasinistra, ha scelto di invertire la rotta faticosamente seguita dal precedente esecutivo. Ha scelto di dare una mazzata impressionate alle categorie produttive. Ha scelto di aumentare per tutti i cittadini il prelievo fiscale allargato. Ha scelto, infine, di mettere in piedi il più colossale sistema di schedatura tributarie, irreggimentando soprattutto chi lavora e produce, che si sia mai visto in un Paese moderno.
Tutto questo non potrà che avere effetti catastrofici per la nostra economia. Altro che rilancio promesso da Prodi in campagna elettorale, quindi. Qui ci troviamo di fronte ad una svolta pericolossima per l’Italia. Qui si rischia veramente di mettere in discussione la stabilità complessiva del Paese. Qui, in definitiva, si mette a repentaglio anche la nostra permanenza in Europa.

Possiamo permettercelo? Assolutamente e decisamente no, e così la pensano tutti quei milioni di cittadini, ovvero oramai la stragrande maggioranza, che hanno idealmente marciato insieme con la grande folla che ha inondato Roma il 2 dicembre.

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