L’Italia non si arrende allo scandalo Battisti

C’è un’Italia che non si arrende, che non dimentica. L’Italia che aspetta Cesare Battisti ci crede ancora, spera che prima o poi il Brasile si farà da parte e lo rimanderà in Italia, a scontare la pena. C’è un’Italia, quella svelata in una lettera del presidente Napolitano, che non dimentica la ferita del caso Battisti. Il presidente ha ricevuto e letto il libro del giudice Giuliano Turone, Il caso Battisti, si commuove e torna a parlare di quest’ingiustizia subita dall’Italia che non vuole dimenticare. Sono nati gruppi di protesta che si muovono, che combattono «per avere giustizia, non vendetta». Diego Bernardi ci tiene alla distinzione. Lui che è tra i fondatori del «Comitato cittadino per la giustizia» è entrato in questa storia quasi per caso. «Ho conosciuto Alberto Torregiani anni fa, mi ha raccontato la sua storia che fino ad allora avevo letto sui giornali. Mi ha commosso e indignato a tal punto che ho deciso di fondare questo comitato. Perchè l’Italia non dimentica».
Storie di solidarietà, dove non è importante essere coinvolti direttamente o essere parenti delle vittime. «Quello che ci spinge è solo un senso etico e morale, perché semplicemente non è giusto. Non è giusto che un uomo colpevole sia in Brasile con quel suo ghigno beffardo, soddisfatto e tronfio, mentre un altro è qui, innocente eppure condannato su una sedia a rotelle aspettando giustizia».
Dall’altra parte del globo, Battisti rilascia interviste e racconta il suo Brasile, di quanto gli piacciano le donne laggiù, di come non si senta per niente in colpa, si dilunga nell’ultima intervista a spiegare che no, non si pente di nulla. E leggerlo da qui fa male. «Ma noi andiamo avanti», dice Bernardi. Per questo il comitato ha deciso di boicottare tutti i prodotti brasiliani e francesi, perché è la Francia la madrina di questa brutta storia. È gente come Fred Vargas e Daniel Pennac, i cosiddetti intellettuali di sinistra che hanno creato il mito Battisti, che lo hanno sempre dipinto come un eroe, un combattente un po’ romantico e un po’ sprovveduto. E invece non hanno mai capito che dietro a quel sorrisetto irritante e sfacciato si nasconde un assassino qualunque». Bernardi ha ragione, è quel gruppo gauchista parigino che lo sovvenziona, che gli pubblica libri, organizza collette per mandare denaro in Brasile.
Dalle pagine di Le Monde Battisti è stato da sempre osannato, «Sono le circostanze che fanno l’uomo», scrivevano di lui, e lui che intervistato ribatteva: «Si sparava da una parte e dall’altra». Ed è questa la favola, bevuta e rilanciata dai francesi che lo hanno innalzato sull’altare dei combattenti.
Parole al vento, che riecheggiano da questa parte della barricata. «Io combatto perché non voglio più vergognarmi davanti ai parenti delle vittime», dice Daniela Santanchè. Lei che ci tiene a ricordare di essere stata la prima, con il suo Movimento per l’Italia, a protestare davanti all’ambasciata brasiliana. «Già due anni fa noi eravamo lì, a dire che Battisti deve tornare in Italia a scontare la sua pena. Per questo sono stata molto contenta di leggere le parole di Napolitano. Con il ministro Frattini stiamo lavorando per trovare una strada».
Tornano in mente quei giochi militari mondiali di luglio, a Rio de Janeiro, quando un’ottantina di italiani non ha partecipato alla sfilata. In segno di protesta, di lutto. «È stato un gesto simbolico ma doveroso -dice La Russa.- L’Italia non può restare in silenzio. E io andrò avanti, anche se poi mi danno del fascista. Io continuo la mia battaglia; ho rifiutato di andare in Brasile per ben otto volte. Al mio posto ho mandato un sottosegretario. È il mio modo per dissociarmi da questa scelta sbagliata fatta da certi governanti. Per quel che mi riguarda boicotto il Brasile, ho smesso di comprare prodotti che arrivano da lì. Eppure mi costa, amo quel popolo, ci sono andato in viaggio di nozze. Ma il senso di giustizia di una Nazione viene prima».
L’Italia che non si piega ricomincia a preparare le sue mosse da settembre. «Alla fine del mese ci sarà una manifestazione a Milano», dice Bernardi, «il 10 settembre incontreremo il coordinatore Angelino Alfano, e aspettiamo un nuovo appuntamento con il Presidente Berlusconi».

Il comitato lavora, a volte quasi sotto traccia, qualche volta senza fare troppo rumore. Ma sempre con gli occhi ben puntati all’altra parte del cielo, dall’altra parte del globo. Ad aspettare che Battisti paghi il conto.

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