L’Italia senza Valori non rispetta neppure il pensiero dei suoi elettori

L’Italia dei Valori. Già, ma quali? Difficile capirlo, soprattutto se si osserva il comportamento dei rappresentanti del partito di Di Pietro, che non hanno un’idea condivisa. E soprattutto ogni loro opinione sembra in contrasto con quella dei loro elettori. Il caso moschea è clamoroso. Un sondaggio dimostra che sono proprio gli elettori dell’Idv a non volere sentir parlare di moschee finché gli islamici non si mostrano un po’ più democratici e tolleranti.
Un risultato che sembrano voler ignorare assessori ed eletti del partito nel Comune di Genova. Il blitz dell’antivigilia di Natale con cui la giunta ha approvato il progetto del Lagaccio ha registrato posizioni diametralmente diverse. In giunta c’era Stefano Anzalone, assessore dipietrista allo sport, fedelissimo del segretario regionale Giovanni Paladini, che ha votato a favore senza battere ciglio. Marylin Fusco, capogruppo dipietrista, fedelissima del segretario regionale Giovanni Paladini, ha reagito con sdegno, infuriandosi perché certe cose non sono state concordate prima con i partiti. Francesco Scidone, assessore dipietrista alla città sicura, magari un po’ meno fedelissimo di Paladini, non ha fatto in tempo ad arrivare in giunta, ma assicura che lui avrebbe votato contro. Poi c’è Nicolò Scialfa, vicepresidente dipietrista del consiglio comunale, da sempre su posizioni laiche, di massima apertura e dialogo nei confronti di qualsiasi confessione religiosa, musulmana compresa. Impossibile insomma intuire quale sia il «valore» che il partito dovrebbe rappresentare.
L’unica cosa certa sembra invece essere la posizione degli elettori dell’Italia dei Valori. Che se fossero leghisti verrebbero subito dipinti come intolleranti, razzisti, antidemocratici. Essendo seguaci del Tonino nazionale, nessuno ovviamente li disegna così. Eppure in un sondaggio curato dalla società milanese di comunicazione «Ferrari Nasi & associati» (il cui direttore scientifico è Arnaldo Ferrari Nasi, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche di Genova) emerge chiaramente come per ben il 76,9 per cento degli elettori del partito «l’Italia dovrebbe impedire la costruzione di moschee, fino a quando non si potrà professare liberamente la religione cristiana anche nei paesi musulmani». Nessuno dei dipietristi intervistati è indeciso, il restante 23,1 ritiene invece che bisognerebbe concedere comunque qualcosa agli islamici. Per avere percentuali leggermente più alte bisogna cercare tra i leghisti, per l’81,8 per cento dei quali il «no» deve essere secco in assenza di reciprocità. I dipietristi sono, ad esempio, sono ben più radicali degli elettori de «La Destra», che solo per il 68,7 per cento non vorrebbero la moschea. Si scende al 60,5 per cento nel Pdl, mentre sorprende l’assenza di idee chiare per quanto riguarda l’Udc: il 50 per cento non vorrebbe fare concessioni ai musulmani. Ma il 25 per cento è favorevole comunque alle moschee e un altro 25 per cento non ha idea, forse allineandosi alla strategia del partito secondo cui è sempre meglio non prendere posizioni che potrebbero risultare scomode quando si devono fare alleanze su un valore o sul suo contrario. Nel Pd quasi la metà (42.

5 per cento) degli elettori non vuole la moschea, e persino nella sinistra radicale (Verdi, Rifondazione, Pdci, ecc) uno su tre la tolleranza e l’apertura incondizionata agli islamici la lascia ai discorsi dei leader: il 28,6 per cento degli elettori non è d’accordo. Insomma, Marta Vincenzi è riuscita a scontentarne davvero tanti.

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