Prima erano solo segnali di ripresa, adesso quei segnali diventano sempre più consistenti e misurabili, tanto da poter entrare nella categoria dei dati acquisiti. Una buona notizia per tutti, senza dubbio, anche per quelli che hanno perso il lavoro e che ogni volta che leggono articoli ottimisti vorrebbero strappare il giornale, dato che se la crescita tornerà sostenuta troveranno presto nuove opportunità.
Cose già sentite forse, questa volta però cè qualcosa di totalmente nuovo: i dati rilasciati ieri dal centro studi internazionale Ocse ci consegnano unItalia incredibilmente e di gran lunga prima al mondo come reattività nella ripresa. Il superindice «leading indicator», elaborato dallistituto di ricerca economica basato a Parigi, includendo nella serie storica i dati di ottobre porta a un rilevante più 12,5 il risultato dellItalia anno su anno.
Per capirci, il secondo posto in classifica (occupato dalla Francia) è lunico in doppia cifra insieme allItalia e fa segnare +10,2. Da lì il miglioramento va riducendosi verso una media dellarea Euro a 8,8 fino ad arrivare al 5,7 della Cina, al 3,9 degli Stati Uniti e al dato tuttora negativo (anche se in miglioramento) del Brasile ancora a meno 4,2 anno su anno.
Non era mai capitato che il valore assoluto del superindice Ocse (che è riferito al trend e ha una media pari a 100) dellItalia fosse superiore a quello del resto del mondo. Ebbene, con un valore di 106,5 a ottobre, tale primato dura ben da sei mesi e a questo punto appare assai improbabile che si tratti di un valore casuale. Il significato è molto importante: il nostro Paese appare meglio posizionato di tutti per rimettersi sulla strada della crescita dopo il grande infarto della finanza internazionale.
Le cause di questo risultato, per molti versi inaspettato, possono essere molteplici ma probabilmente il merito principale sta nella nostra proverbiale capacità di adattamento: un tratto caratteriale italiano che è filtrato nella rete della nostra impresa, più abituata e veloce a reagire a profondi cambiamenti di scenario di tanti colossi internazionali, inarrestabili quando la crescita è regolare e prolungata ma dai tempi di decisione troppo lunghi per adattarsi al giorno per giorno. Un comportamento da felino, proprio quello che ci vuole per vincere la battaglia contro tanti ippopotami e rinoceronti. Il governo non si può dire che abbia fatto molto, anche se la gestione della cassa integrazione è stata assolutamente tempestiva, così come la «moral suasion» nei confronti di un sistema bancario piuttosto timido, tuttavia proprio questo fatto deve far capire che la ricetta giusta è proprio consentire alle imprese di poter fare in tranquillità il proprio mestiere, senza invasioni di campo, minacce e repentini cambiamenti del quadro normativo, tutti comportamenti che sono sempre stati la specialità della sinistra al governo. A questo punto per approfittare ulteriormente di questa «pole position» che ci assegna lOcse ci vorrebbe una «fase due» che vada proprio in questa direzione: un abbattimento delle pastoie che ancora ci trattengono dallattirare dallestero i capitali che potrebbero affluire in questa inedita Italia «prima al mondo».
Bisognerebbe innanzitutto smetterla con sciocchezze interne buone solo a danneggiare la nostra immagine allestero per cominciare una buona volta a fare squadra: i nostri avversari veri sono oltrefrontiera, non in casa, e hanno tutto linteresse a denigrarci a vantaggio delle loro industrie. Regalare loro argomenti per la solita propaganda anti italiana è da irresponsabili.
Vale la pena di ricordare che alla fine dellestate cera chi comprava pagine contro il governo nei giornali stranieri e vaneggiava di Pil a -8% per fine anno. Queste sono le cose che danneggiano il Paese, non le feste. Poi bisogna risolvere il nodo giustizia: nessuno investe a cuor leggero in un Paese dove le gare non sono vinte che dopo mille ricorsi e dove quando si entra in tribunale per far valere un diritto non si sa quando si esce. Infine bisognerà mettere mano alla questione fiscale e alla flessibilità del lavoro in periodi di espansione.
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