L’occhio non basta, ci vuole la tecnologia

Dentro o non dentro il pallone di Robinho a Catania? L’unica certezza è che né l’arbitro genovese Mauro Bergonzi né l’assistente aretino Simone Ghiandai avevano la possibilità di vedere. Perché dopo replay su replay e inquadrature da ogni posizione, quanto enunciato dalla regola 10 («una rete è segnata quando il pallone ha interamente superato la linea di porta tra i pali e sotto la traversa»), non trova un riscontro decisivo. Bergonzi aveva infatti la visuale schiacciata, Ghiandai era in movimento (e non fermo sulla bandierina d’angolo) perché stava seguendo la linea difensiva dei siciliani sull’attacco del Milan e le tante telecamere, soprattutto quella posizionata sulla linea di porta non sono riuscite a dimostrare che il pallone (circonferenza massima 70 cm, minima 68) era entrato totalmente. Nemmeno il fotogramma pubblicato sul sito del Milan può essere decisivo perché l’immagine è presa dall’alto da una angolazione che falsa la prospettiva.

Forse solo la presenza di un arbitro di porta, come nelle coppe europee, avrebbe potuto dare a Bergonzi il dentro o non dentro. La sicurezza sarebbe però arrivata dalla tecnologia: un microchip dentro il pallone, come quello presentato anni fa alla Fifa da Gabriele Cruciani, inventore ed ex arbitro.

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