Quando le autorità della Chiesa parlano di fame nel mondo o di immigrazione, lo fanno rivolti allOccidente, lunica parte del mondo in cui si può pensare che la parola della Chiesa sia ascoltata o almeno possa giungere senza distorsioni.
La Chiesa parla in tono etico agli occidentali e chiede loro di dividere le loro risorse con i Paesi poveri e di accogliere senza restrizioni dichiarate gli immigrati irregolari. La Chiesa parla dei doveri delle nazioni occidentali, ma non menziona i loro diritti. Non cè un documento ecclesiastico che sottolinei il diritto e il dovere di una nazione occidentale di conservare la propria stabilità culturale, etica, demografica, e il proprio livello di legalità civile. Non è riconosciuto dal linguaggio ecclesiastico il diritto di limitare le immigrazioni a livello compatibile con lidentità storica del Paese.
Questo problema degli immigrati è oggi quello più aperto perché le nazioni europee non vogliono essere città aperte al diritto del non occidentale a entrarvi, a lavorarvi e a portarvi la propria famiglia. Oggi si parla meno di fame nel mondo come colpa dellOccidente perché è ben evidente la responsabilità del regime capitalista comunista cinese con il suo lavoro schiavo. La nuova fame nel mondo nasce dal «modo di produzione asiatico». E vi ha anche parte la Repubblica indiana, certo più integrata allOccidente, ma non identificabile con esso. Questa concezione ecclesiastica unilaterale dei doveri delle nazioni occidentali si salda con la teoria di derivazione marxista, secondo cui è linserimento nel mondo del sistema del libero mercato che ha prodotto lo sfruttamento e la povertà nel mondo.
La linea del «dovere di assistere» predicata dalle gerarchie ecclesiastiche e quella della «colpa storica dellOccidente» ispirata al pensiero marxista si saldano nel linguaggio di gruppi cattolici impegnati nel volontariato o in missioni che si rivolgono più al problema economico che a quello religioso. E potenziano quel lessico della colpa dellOccidente, in cui sia il motivo ecclesiastico che quello di derivazione marxista si fondono armoniosamente.
SullOsservatore Romano del 4 giugno monsignor Agostino Marchetto, benemerito per aver criticato sul suo giornale la storia del Concilio Vaticano II curata da Giuseppe Alberigo, intercede per laccoglimento degli immigranti africani spinti da «persecuzioni, fame e violenze». Ma è possibile che lEuropa debba prendersi a cuore i drammi che nascono in Africa dal ritorno del sistema precoloniale, dalle lotte tribali che furono la prima causa della possibilità dello schiavismo europeo?
Se una nuova unità europea comincia a esistere, è proprio quella di difendere lEuropa dallimmigrazione di massa. Il progressismo occidentale aveva fatto dellaccoglienza un principio del rapporto con i potenziali immigrandi. Ma oggi il fenomeno trascende la possibilità di fare dellEuropa la stanza di compensazione delle eccedenze civili, umane e sociali di unAfrica che torna al tribalismo. Le cause dei mali africani sono in Africa. E spirito di verità vorrebbe dire che anche per limmigrazione deve avvenire il principio del limite imposto dalla legge e attuato con la forza. Il linguaggio ecclesiastico sembra interpretare le regole della giustizia come identiche a quelle della carità. Ma non è la carità a fondare gli Stati, è la giustizia.
Occorrerebbe che anche lautorità ecclesiastica parlasse un linguaggio più giusto verso le nazioni occidentali ed europee, che tra laltro affrontano il tema dellimmigrazione islamica, un problema certamente importante anche per la Chiesa cattolica.
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