L’Ocse fa tornare la paura nelle Borse

In Europa «bruciati» 159 miliardi. Milano il peggiore listino (-2,42%) Male anche Wall Street

L’Ocse fa tornare la paura nelle Borse

da Milano

Un paio di notizie, una peggio dell’altra. Per spaventare a morte le Borse tremebonde di queste ultime settimane basta poco e così la giornata di ieri ha visto i listini internazionali tornare pesantemente in rosso. In Europa è stata Milano la peggiore (-2,42%), ma anche Madrid e Parigi hanno registrato perdite superiori al 2%, seguite da Francoforte (-1,73%) e Londra (-1,66%). In tutto, secondo gli analisti, sulle piazze continentali un taglio alla capitalizzazione pari a 159 miliardi di euro. In ribasso anche Wall Street, dove il Dow Jones ha perso l’1,09% e il Nasdaq lo 0,92%, mentre Tokio aveva dato la direzione di marcia già in mattinata con un calo dell’1,6%.
A segnare l’umore dei mercati sono stati soprattutto l’Ocse, con le sue previsioni sull’economia globale, e il dato proveniente dagli Usa sulla compravendita di case, molto negativo. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha parlato attraverso le parole del suo capo economista Jean Philippe Cotis: la crisi dei mutui, ha sintetizzato quest’ultimo, è stata più forte del previsto; le conseguenze dello scossone non sono ancora del tutto chiare ma la crescita del sistema economico internazionale sarà pregiudicata. Risultato: le previsioni per il 2007 fatte a suo tempo sono state tutte riviste al ribasso. Per l’Italia la correzione sarà dello 0,2%: il tasso di crescita sarà dell’1,8% rispetto al 2% indicato nell’ultimo Outlook di maggio; l’Unione europea rallenterà al 2,6% dal 2,7% previsto, mentre gli Usa si fermeranno a una crescita dell’1,9% rispetto al 2,1% inizialmente stimato. Non solo. Ai dati l’Ocse ha aggiunto due postille minacciose: le previsioni corrette potrebbero essere perfino troppo ottimistiche e «le condizioni finanziarie globali resteranno tese» ancora per parecchio tempo.
Al quadro ha aggiunto il suo contributo il commissario alle Finanze dell’Unione Joaquin Almunia, impegnato ieri in un’audizione di fronte al Parlamento europeo. «L’economia del vecchio continente - ha detto - resta solida e la disoccupazione si avvicina al minimo storico, sotto il 7%». I mutui Usa peseranno in maniera marginale sui dati del 2007, visto che i giochi erano già fatti prima dell’esplodere della crisi.
Tutt’altro discorso, ha proseguito Almunia, vale per il 2008. Qui decisivo sarà l’impatto sulla fiducia di imprese e consumatori.
Quanto agli Stati Uniti la dichiarazione più significativa è del sottosegretario al Tesoro Robert Steel che ha messo in guardia dal considerare esaurite le turbolenze sul mercato del credito: «la crisi è lontana dall’essere finita». Il commento è sembrata un’eco immediata dei dati macroeconomici diffusi in giornata, soprattutto quello sulla compravendita di case in luglio: -12,2%, peggior risultato dal 2001, molto peggio delle previsioni degli analisti. Il dato rischia di avere un diretto impatto su uno dei corni della crisi dei subprime, quello legato al valore delle abitazioni, ed è stato commentato con preoccupazione.

In serata il Beige book della Federal reserve ha aggiunto il tocco finale: l’economia Usa continua a espandersi, ha scritto la banca centrale, e quindi l’impatto della crisi dei subprime si può definire «limitato»; ma la stretta sul credito peserà sulle prospettive future del settore immobiliare. È bastato per accentuare il calo di Wall Street.

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