L’odissea tra i ghiacci siberiani di Nicolas e i suoi dieci cani

Il grande esploratore francese per tre mesi tra la natura più inospitale a 60 gradi sotto zero: «Ho incontrato popolazioni che non avevano mai visto prima d’ora un europeo. Sulla slitta per 8mila chilometri trainato dai miei amici a quattro zampe»

nostro inviato a Mosca

Torok e Voulk arrivano di corsa e fanno pipì proprio nel bel mezzo della Piazza Rossa. I poliziotti osservano la scena, ma decidono di non arrestarli. Torok e Voulk non sono infatti una coppia di amici che ha esagerato con la vodka, bensì due dei dieci cani da slitta che hanno trainato fin nel cuore di Mosca l’esploratore francese Nicolas Vanier, 44 anni, reduce da un’Odissea Siberiana che merita di essere raccontata: una missione estrema che lo ha impegnato per circa tre mesi tra ghiacci e popolazioni indigene che mai avevano visto la faccia di un «bianco» proveniente dall’Europa.
Missione compiuta
Nicolas Vanier, partito venerdì 2 dicembre dalle rive del Lago Baikal, è arrivato nella Piazza Rossa sabato 18 marzo; in mezzo a queste due date un lungo percorso seguendo i segreti gelidi della natura più ostile tra montagne, taiga e tundra sfidate con la forza di una slitta tirata da Torok, Voulk e altri 8 splendidi cani, con una tabella di marcia di 18 ore al giorno per coprire una distanza di 8mila chilometri (con una media di 80 km al giorno). Una prova durissima. Nulla, comunque, in confronto allo stress dell’happy end moscovita, quando Nicolas ha dovuto fronteggiare decine di microfoni e telecamere. Stesse domande, stesse risposte.
Attorno a lui una Mosca dall’identità conflittuale, dove le scale mobili della metropolitana scorrono incredibilmente veloci, quasi a sottolineare la voglia del Paese di accelerare il passo rispetto all’immobilismo del passato.
I nostri connazionali continuano ad essere identificati con le canzoni di Toto Cutugno, tanto che non appena parte il refrain de «L’Italiano» (Festival di Sanremo, 1983) il giornalista dell’Unità viene subito catturato da una stagionata bellezza locale che lo costringe a un forzoso giro di ballo. Alla festa in suo onore nella «Casa degli Scrittori» a Mosca, anche Nicolas è su di giri: i giornalisti lo intervistano come si fa con le star e lui si presta come fanno i divi. Per fortuna le sue unghie sono ancora sporche di nero, unica prova «selvaggia» di un’avventura che ha miscelato la passione di Nicolas e l’affidabilità dello sponsor tecnico Energizer.
Un uomo no-limits
Un binomio, quello tra uomini no-limits e importanti marchi industriali, che non vive un momento felice, ma che quando si realizza al meglio offre opportunità emozionanti, nonostante la lontananza ormai incolmabile dal fascino delle grande esplorazione del passato. Ma Nicolas è un uomo onesto e al cronista che gli chiede conto del declino dell’esplorazione d’antan, replica senza imbarazzo: «Non sono un esploratore, ma un semplice viaggiatore». Che per le sue spedizioni ha bisogno di coraggio almeno quanto di un’équipe in grado di assicurargli finanziamenti, assistenza tecnica e supporto logistico.
Questa realtà fa di Nicolas Vanier un lontano discendente dello spirito romanticamente temerario di David Livingston e un epigono più vicino all’essenza intrepidamente manageriale di Patrick De Gayardon. Insomma - buttandola un attimo sullo scherzo - risultano più autenticamente survival Torok e Voulk con il loro pelo puzzolente, che non il buon Nicolas dai capelli fonati e forse (ma preferiamo non crederlo) tinti di un nero corvino dall’intensità sospetta. Anche se, cosmesi maschile a parte, a Nicolas va dato atto di essersi trovato ad affrontare temperature fino a 60º sotto zero, che non è propriamente un clima per damerini.
Professione avventura
«L'Odissea Siberiana - ci ha detto Vanier - rappresenta la scommessa di un individuo che non si pone confini, che vuole “andare oltre” nella conoscenza, ma che intende pure confrontarsi con altre persone e sperimentare realtà di vita nelle zone più remote del Pianeta».
Un'esperienza sul filo delle possibilità umane, del resto non a caso l'esploratore francese ha nel palmarès gesta leggendarie, come la traversata dell'Alaska e delle Montagne Rocciose, oppure quella dalla Mongolia all'Oceano artico.
Dalle sue imprese, Vanier ha tratto una ventina di libri e innumerevoli produzioni per il cinema e la televisione: il suo recentissimo Le Dernier Trappeur (L'Ultimo Cacciatore) è stato un successo, applaudito in Francia da oltre 2,5 milioni di spettatori.
Brivido bianco
«Con l'Odissea Siberiana - ha raccontato Nicolas - ho inteso scrivere un nuovo capitolo della mia esistenza da “brivido bianco”, ma anche descrivere la situazione ambientale, del degrado cui perfino regioni isolate sono sottoposte. Insomma, dei pericoli che corre il nostro pianeta».
Vanier ha macinato quotidianamente decine di chilometri, seguendo la pista tracciata qualche giorno prima da cacciatori e allevatori di renne siberiane e da una squadra tecnica franco-russa che si è data il cambio da un villaggio all'altro, da un accampamento all'altro.
Dalla Piazza Rossa attraversata da una striscia di ghiaccio su cui è scivolata veloce la slitta dell’Odissea Siberiama, Nicolas non ha potuto che lanciare un appello ai «potenti della terra» e «a tutti i cittadini del mondo»: «Proteggiamo quel bene inestimabile che è Madre Natura». L’occasione era solenne e, in questi casi, anche un po’ di demagogia è perdonabile. C’è da scommettere che anche l’Odissea Siberiana si trasformerà in un libro si successo, come è già accaduto con «L’Odissea Bianca» (Rizzoli) partita dalla seguente domanda: «Si può attraversare tutto il grande nord canadese dal Pacifico all’Atlantico, percorrendo più di 8500 chilometri e scavalcando le Montagne Rocciose, con una slitta trainata dai cani, in meno di 100 giorni?». Nel 1999 Nicolas Vanier ha dimostrato che sì, «si può».
Ma sia nell’Odissea Bianca, sia nell’Odissea Siberiana nulla sarebbe potuto realizzarsi senza di loro: i magnifici cani della muta. Non cani qualsiasi, ma frutto di un incrocio voluto fra un laika siberiano e una cagna groenlandese le cui varie cucciolate hanno visto il formarsi di animali eccezionali, un mix incredibile di potenza, resistenza, velocità. Ma anche di affetto, tanto che non c’è stato un solo bambino presente nella Piazza Rossa che non abbia abbracciato Torok e Voulk e i suoi fratelli scodinzolanti: cani curatissimi e allenati intensamente su cui Vanier ripone la massima fiducia.
Compagni di viaggio
Torok e Voulk, in eterna lotta fra loro per il dominio: di questi il secondo è in assoluto il più intelligente e affidabile, mentre il primo è in possesso di una stazza poderosa; Baikal, con tutte le qualità adatte per essere il capo della muta: potente ma purtroppo soggetto, dopo sforzi prolungati a temperature elevate, ad improvvisi momenti di defaillance che lo mettono ko per qualche minuto; Nanook: infaticabile e grande arrampicatore. E poi Oumiak: una femmina molto intelligente ma indipendente e selvaggia; suo fratello Amarok, dato per spacciato a sei mesi per una malattia ma sopravvissuto ed in grado di compensare la debolezza con doti di grande coraggio; Chip: femmina vivace ma docile ed eterna rivale e nemica di Oumiak; Carmack: il più bello di tutti, però con atteggiamenti un po’ da «lavativo», ma talmente simpatico da cancellare con detta simpatia i lati negativi; Ouktu: cane eccellente ma mai da mettere in testa; e poi ancora Charlie, Oukiok, Buck. Per Vanier non sono solo cani, ma fedeli compagni di vita e avventure, hanno un valore inestimabile anche per il grande amore che porta per loro e loro per lui e non ha la minima intenzione di separarsi da nessuno di essi.
La storia di Oumiak
Un esempio tratto dal libro «Odissea Bianca»: «Un giorno, quasi alla fine della spedizione, la selvaggia Oumiak scompare. Quando Vanier la dà ormai per dispersa si rende conto che, nella coppia di lupi che da un paio di giorni li segue con discrezione, la femmina fedele e devota al maestoso maschio non è una lupa qualsiasi ma lei, Oumiak. Pur con grande dispiacere il francese accetta l’abbandono dell’animale, ben conscio che l’istinto possa essere più forte di ogni altra cosa. Ma la cagna è fortemente indecisa... guarda sia verso il lupo sia verso l’uomo e i suoi cani. Alla fine la sofferta scelta: si gira un’ultima volta quasi a salutare lo splendido maschio che aveva scelto come compagno e corre verso la slitta, ponendosi diligentemente al suo posto. L’amore verso la muta ha vinto».
Il sogno che si realizza
Vanier ha un rapporto simbiotico con i suoi cani e, nonostante la stanchezza per il viaggio, dedica il poco tempo delle soste a curare e cibare i «motori» della slitta. Ciascun animale viene accuratamente controllato (specie le zampe che spesso hanno bisogno di essere massaggiate e fasciate), poi tante carezze e parole di incoraggiamento, oltre naturalmente a un’abbondante scodella di cibo. Solo dopo questa doverosa «buona notte» ai suoi amici a quattro zampe, Nicolas si sdraia sotto la tenda.

E finalmente si addormenta come faceva da bambino, sognando di diventare un esploratore.

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