RomaUna parola in più, un avviso mancato a Berlusconi, uninsistenza non richiesta. La Lega è particolarmente audace in questi giorni. Dà segnali di euforia, buon umore, ottimismo. In gergo politico si potrebbe dire: alza il tiro. Comunque appare più baldanzosa, allimprovviso, dopo le elezioni, e in vista delle riforme che sinizieranno a discutere presto in Senato. Il blitz del ministro della Semplificazione Roberto Calderoli al Quirinale, con la presentazione al presidente Napolitano della bozza con le nuove proposte, rimane un giallo. Ora è anche Roberto Maroni a lanciare una provocazione: in unintervista allEspresso, il ministro dellInterno rivendica alla Lega il ruolo della «cabina di regia per le riforme». Nella riunione politica di martedì sera ad Arcore è stato deciso che questa regia spetterà al Pdl. Ma Maroni rilancia: «Mutuiamo nel governo il sistema del Parlamento, dove ogni proposta di legge ha un relatore. E chi può essere questo relatore se non Umberto Bossi?».
Il colloquio di mercoledì tra Napolitano e Calderoli è un caso politico-istituzionale non ancora completamente risolto. Calderoli che esce dal Quirinale svelando loggetto dellincontro: le riforme. Berlusconi che si irrita, perché è stato informato solo a tête-à-tête avvenuto. La presa di distanza del Colle da Calderoli. Poi, ieri, la precisazione del ministro leghista: «Mi ha chiamato Napolitano». Per qualche ora si rischia una crisi tra poteri dello Stato. Il premier sarebbe stato scavalcato non solo da Calderoli, ma anche da Napolitano, in tandem? In realtà la bomba non scoppia. E allora significa che quella di Calderoli non è una bugia, ma nemmeno tutta la verità. Una furbissima mezza verità?
In serata, il deus ex machina compare sulla scena. Umberto Bossi pronuncia una frase arcana come un oracolo delfico: Calderoli «funziona a comando», dice da Vigevano il Senatùr, e si batte il petto, in segno di autorità. È risoluto Bossi. Tanto per cominciare, avverte: «A trattare con lopposizione ci pensiamo noi». La candidatura a sindaco di Milano poi è ancora aperta: «Obbedisco al Consiglio federale della Lega. Se mi dice di andare, vado». Il capo sono io: «La proposta di Calderoli è anche la mia. Laveva già vista anche Silvio Berlusconi martedì a Milano». Di più: «A trattare col Pd ci pensiamo noi». Ma perché del blitz al Quirinale Berlusconi è stato avvisato solo dopo, e non prima?
Dal Colle raccontano una storia che non smentisce il ministro leghista ma neppure lo conferma. Secondo quanto riferiscono autorevoli fonti vicine al capo dello Stato, Napolitano avrebbe chiamato Calderoli per fare due chiacchiere sulla Lega in vista della sua trasferta in Veneto. Non quindi per discettare di riforme. «Napolitano e Calderoli hanno un buon rapporto. Diciamo che Calderoli si è un po allargato», sintetizza con efficacia una fonte del Colle. Secondo questa ricostruzione, la mattina di mercoledì Calderoli risponde alla chiamata e si presenta dal presidente per aggiornarlo sugli affari della Lega. Ha con sé la bozza delle riforme. Stesa in una cartellina, arrotolata nella manica della giacca, questo non è dato saperlo. Le cose preziose meglio portarsele sempre appresso. Soprattutto se si sale al Quirinale.
Scambio di battute sul Carroccio e sul viaggio di Napolitano. Poi la mossa. Calderoli estrae il suo gioiello. La bozza. La verità potrebbe galleggiare banalmente nel mezzo. Forse ha ragione il viceministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso quando definisce, quasi divertito, lazione di Calderoli «una furbizia tattica». E comunque, ha sottolineato ieri lintraprendente ministro della Semplificazione, la bozza «è solo uno schema di lavoro» da discutere «con gli alleati e con lopposizione». Sdoganata la bozza, liberata dal suo alone di segretezza, ieri Calderoli lha portata anche al presidente della Camera Gianfranco Fini. Vista laria, con i giornalisti non ha confermato lincontro. Zitto. Martedì ha appuntamento con il presidente del Senato, Renato Schifani: «Al Pd dico di guardare prima di tutto le nostre proposte concrete, tutte le carte».
In Lombardia, intanto, la Lega pianta i primi paletti federalisti della nuova legislatura: la riforma degli albi scolastici nella Regione preveda, si chiede, «la precedenza agli insegnanti lombardi».
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